di Emiliano Sportelli
REGIA: Breck Eisner
PRODUZIONE: Imagenatione, Penn Station, Road Rebel
GENERE: Horror
ANNO: 2010
Sono affascinato dagli zombie e dal processo che porta alla trasformazione da umano a mostro. Fin dall’ormai lontano 1968, anno d’uscita de “La notte dei morti viventi” di George A. Romero, i film incentrati sugli zombie hanno sempre fatto genere a sé, da allora l’horror si è arricchito di un nuovo riflesso rappresentato appunto dallo “zombie-movie”. La classica trasformazione che “accompagna” l’essere vivente a divenire un non-morto, è stata rivista in vari modi e con i meccanismi più diversi: dal classico “risveglio” dopo la morte, fino al contagio tramite morso o per via di un virus. Negli ultimi anni pellicole come “28 giorni dopo” o “Io sono leggenda” puntavano proprio sul fattore del contagio per rilevare la nascita/ri-nascita di questi esseri.
In “La città verrà distrutta all’alba” è proprio il fattore del contagio a farla da padrone.
Il film, diretto dal giovane regista californiano Breck Eisner, racconta di una piccola cittadina di poco più di un migliaio di anime rimasta contagiata da una tossina che, a causa della caduta di un aereo, ha contaminato l’acqua della città. I primi effetti del contagio si presentano sottoforma di follia omicida insensata che, pian piano trasforma gli sfortunati infetti in una sorta di “moderni” zombie. Per evitare che il virus si diffonda in maniera irrecuperabile, l’esercito stesso interviene con il preciso ordine di distruggere la città evitando così una vera e propria apocalisse.
Remake dell’omonimo film degli anni Settanta di Romero, “La città verrà distrutta all’alba” presenta, come nei classici film del genere, una denuncia sociale che in questo caso è rappresentata proprio dalla voglia di potere dell’uomo. Il virus che ha contaminato l’acqua della cittadina era stato proprio creato dal governo americano come arma batteriologica, il contagio delle persone altro non è che una metafora della forza distruttiva innata nell’essere umano.
A mio avviso importante è soffermarsi anche sul modo in cui il regista ci presenta il primo sintomo della malattia: la pazzia. Spesso, infatti, si cade nella trappola di “vedere” il pazzo anche dove non c’è; il tentativo dei militari di mettere in quarantena la città avviene facendo superficiali ed insulse divisioni tra chi è davvero pazzo perché contagiato, e chi si comporta in modo strano solo perché sotto pressione a causa della situazione che sta vivendo; il buono dell’idea sta proprio nel sottolineare l’impossibilità di determinare chi sia in questo caso davvero il “malato”.
Breck Eisner ci porta così ad esplorare sotto una nuova luce la follia umana, cercando di farci comprendere un altro significato della parola pazzia, una malattia questa spesso figlia dell’odio dell’uomo nei confronti di sé stesso.
che ci piace... ci piace ASSAI
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