L'[A]lter è un contenitore senza coperchio. Una finestra sull'underground e sulle controculture.
martedì 27 aprile 2010
"IL PIANETA DEL FUTURO"
Fred Pearce, giornalista scientifico britannico che si occupa di ambiente, consulente del “New Scientist”, collaboratore tra le altre, del “The Guardian”, “The Independent” e del “Daily Telegraph”, nel suo ultimo libro, “Il pianeta del futuro” (Mondadori) affronta tematiche legate alla stato di salute della popolazione mondiale e del mondo che abitiamo. Oggi il nostro pianeta ospita sei miliardi e 300 milioni di persone e si prevede che entro il 2050 la popolazione raggiungerà il picco massimo e poi si assesterà su circa nove miliardi di abitanti.
Le preoccupazioni circa una stabilizzazione demografica sono all’ordine del giorno, in tanti puntano il dito contro i Paesi più poveri e sovraffollati, in tanti auspicano e già attuano un controllo delle nascite. Stiamo assistendo in alcune aree a “revival malthusiani”, ad esempio, in India e Cina, e fino a pochi anni fa in Corea del Sud, viene attuata la selezione dei feti in base al sesso. In India, l’aborto dei feti femmine è ritenuto illegale, ma regolarmente praticato. In Cina, invece, è legale, probabilmente perché i governanti si troverebbero dinanzi ad una più brutale alternativa: uccidere le femmine appena nate. In questo modo, in quelle aree, si è avuto un sovrannumero di individui maschi, 10 milioni in più rispetto alle femmine, con evidenti conseguenze sociali.
Secondo Pearce, il problema della sovrappopolazione è un fattore secondario rispetto a quello che è invece la principale piaga dell’intero pianeta: il sovra-consumo. Lo stile di vita e il sistema economico-produttivo dei Paesi ricchi ha portato ad un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali disponibili, infatti, la nostra impronta ecologica è devastante: ogni anno consumiamo il 30% in più di quanto la natura possa rigenerare. Va da sé che questo sistema è prossimo al collasso: fonti fossili come petrolio, carbone, gas, uranio, oltre ad essere fortemente inquinanti, sono prossime all’esaurimento. Occorrerebbe modificare tutto il sistema economico e adattarlo a fonti energetiche rinnovabili. Se la scienza e la tecnologia hanno fatto passi da giganti su questa via, manca ad oggi la volontà politica e una seria pianificazione del cambiamento necessario. Ignorare il limite che la natura ci impone è sciocco, oltre che pericoloso. Stiamo consegnando nelle mani delle generazioni future un pianeta più impoverito e pieno di problemi.
Un capitolo è dedicato anche alla forte migrazione per via dei problemi derivati dai cambiamenti climatici in varie parti del mondo. L’autore pone degli interrogativi: “perché le popolazioni dei Paesi poveri continuano a rimanere povere, nonostante le promesse di benessere che da almeno un secolo vengono loro rivolte?” la risposta è abbastanza evidente, infatti, si tratta di terre colonizzate dai Paesi ricchi per l’enorme quantità di risorse disponibili. Tali risorse beneficiano unicamente la sovrapproduzione dei Paesi ricchi, che lasciano poi sul territorio depredato (oltre alle guerre e ai danni socio-politici e culturali) danni incontrovertibili come il debito ecologico, ovvero, disastri ambientali, la costrizione di produrre alimenti non per se stessi ma per l’esportazione, come il the o il caffè o mangimi per il bestiame dei Paesi ricchi.
Sul problema dell’immigrazione, un paragrafo è dedicato proprio alla dilagante caccia allo straniero presente in Italia: “la xenofobia è particolarmente acuta in Italia, dove gli immigrati sono essenziali per una serie di settori industriali, compresa la raccolta di prodotti agricoli. Nel 2008, il sindaco di Roma ha promesso di espellere 20.000 immigrati che, a suo dire, avevano commesso reati. A nord di Napoli un’estate di crescenti tensioni tra la gente del posto e la popolazione rom e gli immigrati africani, è sfociata nell’uccisione di 7 africani, nel corso di due attacchi successivi ai loro accampamenti portati presumibilmente dalla camorra. Un sondaggio ha rilevato poi che i 2/3 degli italiani erano d’accordo sull’espellere tutti i 150.000 mila rom presenti sul territorio nazionale, anche se in maggioranza cittadini italiani. La promessa del primo ministro Silvio Berlusconi di difendere il diritto degli italiani a non avere paura, ha praticamente dato carta bianca alle squadre di vigilantes che li hanno attaccati. Il premier non ha fatto menzione al diritto dei rom a non avere paura.” Ecco qui che non si possono distinguere i diritti. Non si può pensare che la nostra società sia minacciata dalla presenza di migranti che sfuggono dalle situazioni drammatiche che noi stessi abbiamo contribuito a produrre nei loro Paesi, attraverso un sovra-sfruttamento delle loro risorse.
Dal canto nostro, è giunto il momento di smetterla di fingere che il problema del pianeta non siamo noi Paesi ricchi e il nostro stile di vita consumistico. Se vogliamo far figli e assicurare loro una vita qualitativamente buona in un mondo non del tutto malato, occorrerà seriamente modificare le cattive abitudini quotidiane ed effettuare scelte più consapevoli ed eco-sostenibili. Con la speranza che un giorno la politica internazionale possa svegliarsi e mettere in agenda le risoluzioni delle questioni economiche, non affatto separabili da quelle ambientali e demografiche.
Lina Rignanese
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