L'[A]lter è un contenitore senza coperchio. Una finestra sull'underground e sulle controculture.
sabato 10 aprile 2010
STEVE REICH E I SUONI METROPOLITANI
Apoteosi di chitarre. Ben dodici e due bassi, ad aprire il concerto monografico dedicato al compositore newyorkese Steve Reich, all’interno della rassegna ‘Contemporanea - La Chitarra’, presso l’Auditorium Parco della Musica. Tre sono stati i brani in programma eseguiti dalla PMCE (Parco della Musica Contemporanea Ensemble), che hanno ripreso due lavori del passato recente di Reich ‘Electic Counterpoint’ (1987) e ‘City Life’ (1995), e ‘2x5’ (2009) presentato in prima assoluta al pubblico romano. Compresi nello spettacolo anche i due cambi di palco, doverosi, dato l’affollamento di musicisti e le differenziazioni strumentali e stilistiche dei tre brani.
I giovani chitarristi dei Conservatori e delle Scuole di musica di Roma, che hanno aperto il live, non si sono lasciati prendere dall’emozione, suonando sempre in maniera pulita ed essenziale, accanto alle due chitarre ritmiche, esperte, di Luca Nostro e Bernardo Nardini e a quella solista di Roberto Cecchetto. Chitarre per tutti i gusti dalle ‘Rickenbacker’ alle ‘Gibson’, dalle ‘Telecaster’ alle ‘Stratocaster’. Un’ubriacatura sensoriale tra delicati riff e assoli conturbanti.
Il cambio di palco fa largo a due batterie (Antonio Caggiano, Flavio Tanzi), quattro chitarre elettriche (Luca Nostro, Paolo Ceccarelli, Bernardo Nardini, Fabio Perciballi), due bassi (Nicolò Pagani, Giovanni Pallotti) e due pianoforti (Oscar Pizzo, Francesco Prode). Due set e cinque strumenti per una partitura che lo stesso Reich vuole ed osa definire ‘rock’. E di rock c’è la partitura, il timbro, gli accordi, il groove. Così come il genere s’impossessa anche del direttore d’ensemble, Tonino Battista, che diletta e coinvolge il pubblico nella sua orchestrazione movimentata, quasi ballata. Si fa fatica a rimanere in poltrona.
Più ambientale e post-minimalista il terzo lavoro, ‘City Life’, pezzo sperimentale che unisce agli strumenti una serie di “effetti sonori” in field-recording: clacson, freni di auto, allarmi, sirene, porte che sbattono, battiti cardiaci, suoni di metropolitana, le voci degli uomini e delle donne di New York registrate dallo stesso Reich nei dintorni di casa sua e infine, a chiudere la sezione intitolata “Heavy Smoke”, le comunicazioni radio del NY Fire Department durante il primo attacco al World Trade Center del 1993. A dialogare con la parte elettronica, un nuovo organico orchestrale composto da due flauti (Manuel Zurria, Paolo Fratini), due oboe (Giovanni Cretoni, Pietro picone), due clarinetti (Paolo Ravaglia, Luca Cipriano), due violini (Paolo Sassi, Suvi Valjus), una viola (Gabriele Croci), un violoncello (Francesco Sorrentino), un contrabbasso (Massimo Ceccarelli), due pianoforti (Gilda Buttà, Francesco Prode), due tastiere campionate (Lucio Perotti, Oscar Pizzo), due vibrafoni (Antonio Caggiano, Flavio Tanzi) e una percussione (Antonino Errera). Una giungla di suoni per raccontare la più cosmopolita, la più esagerata e ipertrofica metropoli del mondo, New York. A riempire l’ambiente sono il caos, il rumore, la frenesia della vita metropolitana, a tratti si prova fastidio per questo snaturato habitat da terzo millennio, che ricorda anche un po’ Roma, ma a tratti arriva il sollievo che da noi questa metamorfosi non si è ancora del tutto realizzata.
Lina Rignanese
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