sabato 13 marzo 2010

Il seme della follia

di Emiliano Sportelli












Spesso il male scaturisce da eventi o cose che non sempre hanno a che vedere con esso, elementi di pazzia che ci portano in una realtà estranea a noi, ma spesso, per certi aspetti, voluta. Il confine che c’è tra il reale e il fantastico è, a volte, molto labile e questo porta ad affrontare situazioni inaspettate che mettono l’individuo di fronte ai propri peggiori incubi che, non sempre possono essere sconfitti.
“Il seme della follia” induce lo spettatore a confrontarsi con una realtà inaspettata, a prendere le distanze dalla razionalità delle cose e delle persone. La pazzia è, a mio modo di pensare, un’arma; un potere che porta a vedere in modo più profondo le vicende che ci vedono ogni giorno protagonisti; le conseguenze delle nostre azioni non sono calcolate quando si ha la follia dalla nostra parte e questo ci porta a viverle a pieno.
Per John Carpenter invece la pazzia è vista, almeno apparentemente, come un male; come un qualcosa che porta il “malato” (se lo posso chiamare così) ad essere considerato un reietto della società, e quindi da curare.
In questo contesto il reietto è un detective privato John Trent (Sam Neill) che ha il compito di ritrovare Sutter Cane, scrittore di racconti dell’orrore, misteriosamente scomparso. Ma un mistero avvolge la vicenda, la lettura dei libri di Sutter Cane porta alla follia mentale. Trent è uno scettico che non crede tanto alle voci che lo circondano, ma è più che convinto di trovare una risposta razionale ai mali che assediano la realtà. A sue spese il detective scoprirà che, a volte, la realtà nella quale siamo abituati a vivere, non coincide con quella in cui davvero viviamo.
Oggetti con cui siamo continuamente in contatto possono trasformarsi così in armi a doppio taglio e scatenarsi contro chi li usa, o peggio ancora possono essere usati dai nostri stessi incubi e diventare veri e propri mezzi con cui dobbiamo confrontarci. In questo contesto l’oggetto in questione è il libro, che unito alle incursioni malvagie della nostra mente, può diventare un ponte di lancio verso un folle universo.

Questo lavoro di Carpenter è stato spesso accostato alle opere dello scrittore dell’orrore H.P.Lovecraft; in effetti i personaggi del film, così come quelli creati da Lovecraft, sentono di essere delle prede nei confronti di forze molto più grandi di loro; forze che possono portare la mente umana alla follia. Altro accostamento sta nella tensione generata sia dalla penna dello scrittore, che dalla pellicola del regista; i due infatti non ci fanno mai “vedere il male”, ma entrambi giocano con l’immaginazione del lettore/spettatore facendo scaturire un’angoscia palpabile in qualsiasi momento.

Il film, diretto nel 1995, è forse una delle opere più complesse e ambiziose di Carpenter, un lavoro in cui la visione apocalittica e degenerativa dell’umanità raggiunge il classico punto del non-ritorno.
Con questa pellicola Carpenter completa la cosiddetta “Trilogia dell’Apocalisse” iniziata con “La cosa” e portata avanti con “Il signore del male”.
“Il seme della follia” ci fa comprendere la sottile linea che divide normalità da pazzia; un confine in vera sostanza inesistente che, alla fine, tutti noi attraversiamo.

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