giovedì 31 marzo 2011

SEVEN

Il male ha molte facce e segue delle strade precise; a primo impatto sembra quasi che qualcosa accada solo per caso, che una serie di eventi si susseguano senza seguire un filo preciso; ma in realtà la strada del dolore e della vendetta è piena di punti fissi che vengono seguiti senza tralasciare mai niente. Poi si comincia a riflettere su chi è davvero il cattivo, su chi è il mostro; se il killer fanatico o il peccatore di tutti i giorni.
“Seven”, pellicola del 1995, racconta la storia di un criminale, un assassino psicopatico che esegue i suoi delitti basandosi sui sette peccati capitali e punendo il peccatore ritorcendogli contro il suo stesso peccato. Sulle tracce di John Doe (interpretato da un cattivo Kevin Spacey) si mettono i due detective Mills (un giovane e irascibile Brad Pitt) e Somerset (un attempato e cauto Morgan Freeman) che alla fine del film risulteranno essere, forse, le due vere “vittime”.
Spavento un po’ il fatto che ad auto-proclamarsi giustiziere contro i peccati degli uomini è un semplice americano che, magari a primo impatto può risultare un comune mitomane, ma così non è, la storia qui è un’altra; sì perché John Doe non tollera il male comune (se così lo possiamo chiamare), il male di tutti i giorni, quello che vedi alla fermata dell’autobus, ma a cui non ci dai tanto peso e che osservi senza farti molti problemi.
Alla fine del film tutte le verità dell’assassino verranno fuori; il suo progetto, che tanto ci ha tenuti con gli occhi spalancati, sarà finalmente rivelato; a farne le spese non saranno soltanto i cattivi, ma anche i cosiddetti buoni dovranno fare i conti con chi realmente sono.
Dietro ad una storia del genere non poteva non esserci che David Fincher, regista che ormai considero tra i migliori; in questo lavoro riesce infatti a tirar fuori una storia degna di nota, dipana una tela senza il minimo errore, fino all’ultimo tiene alta la tensione e finalmente fa trionfare il male (questione questa non certo da sottovalutare). Forse, ad essere puntigliosi, sarebbe stato meglio che il killer fosse stato catturato (così come da regola per un thriller che si rispetti) invece di consegnarsi lui stesso nelle mani della polizia; ma, in fin dei conti, l’idea di Fincher rimane pur sempre di ottima fattura.

Emiliano Sportelli

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