domenica 27 marzo 2011

'SILVIO FOREVER'?













Chi si aspettava un docufilm che facesse il punto della situazione sul personaggio politico più rappresentativo della nostra storia recente non ne ricaverà granché di nuovo. ‘Silvio forever’, regia di Roberto Faenza e Filippo Macelloni, scritto da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, in uscita in circa 100 sale italiane dal 25 marzo, è un album di ricordi del Silvio Berlusconi ‘uomo’.
L’intento, dichiarano gli autori, “è stato quello di lasciare che lui raccontasse se stesso” attraverso una miriade di immagini di repertorio, tante viste e straviste, altre più ricercate e da smanettoni del web. Un lavoro certosino che ha messo insieme i materiali più disparati senza ritoccarli o stravolgerli. Ogni parola, ogni immagine viene riproposta così com’è.
L’unico atto creativo è affidato al montaggio, quindi alla confezione che se ne fa di tutte le fonti considerate, l’altra finzione, per così dire, è data dalla voce di Neri Marcoré che imita il Cavaliere per interpretare le dichiarazioni scritte del protagonista.
Quest’autobiografia non autorizzata inizia con mamma Rosa che lo presenta con trasporto materno (estratto presente nel trailer preventivamente - ma poi perché? - censurato dalla RAI) e prosegue con le varie fasi che vanno dall’infanzia all’università, dalle serate da chansonnier all’imprenditoria edilizia prima, televisiva ed editoriale poi, fino alla discesa in politica.
Il tutto raccontato con un velo d’ironia, ma senza nessuna vena polemica o inquisitoria. Non ci sono domande circa i processi, le leggi ad personam, la provenienza dei fondi con cui costruì il suo impero, le off-shores, le amicizie “pericolose”, la P2. Nulla di tutto questo. Le uniche voci d’opposizione sono quelle dei comici: Roberto Benigni, Dario Fo, Paolo Rossi, Daniele Luttazzi, Antonio Cornacchione. E pochi altri, Marco Travaglio, Indro Montanelli, Umberto Bossi (all’epoca in cui fece cadere il primo governo Berlusconi e attraverso il quotidiano ‘La Padania’ diede alle stampe la prima lista di domande scomode), l’architetto del mausoleo di Arcore, Pietro Cascella, intervistato beffardamente da Ugo Gregoretti.
A fare eco in tutto il film sono, invece, le folle oceaniche munite di bandiere che riempivano le piazze dopo le vittorie elettorali, le accese difese dei sostenitori così accanite da mostrare quasi il proprio lato morboso, le barzellette raccontate dal Premier in ogni sede e davanti a qualsiasi pubblico, indifferentemente, sia che si trattasse di una scolaresca di adolescenti, sia che fossero Capi di Stato come José Zapatero, Angela Merkel, George W. Bush.
Il ritratto che ne viene fuori è quello di un uomo megalomane, donnaiolo, presuntuoso, “con un personale concetto della verità” – diceva Indro Montanelli, ma anche simpatico, ottimista, giocherellone. Un autentico intrattenitore, un uomo dello spettacolo che sa come stare davanti alle telecamere, sa come arrivare dentro le case delle persone bucando lo schermo. Un personaggio diretto, ripetitivo, “che non usa più di cento vocaboli nel suo linguaggio” – afferma Faenza. Un personaggio che parla alla pancia delle persone, le conquista intrattenendole e facendole ridere con uno humour, il più delle volte, di basso livello.
Un uomo di compagnia, potremmo dire, ma dopo tutti questi anni di lavoro in qualità di Presidente del Consiglio, dunque, “dopo 17 anni dominati da lui” - ci ricorda Neri Marcoré, un po’ stufato (come tutti noi!) dell’abbuffata berlusconiana - “l’Italia è più brutta, più deludente, più corrotta e meno felice.”

Lina Rignanese

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