giovedì 10 giugno 2010

“FILIPPO SCÒZZARI E L’INSONNIA OCCIDENTALE”


















Un libro sull’inquietudine che crea insonnia. “Filippo Scòzzari e l’insonnia occidentale” (Coniglio Editore/2010) è un insieme di racconti che l’(ex?) autore di fumetti bolognese dice “siano nati dal bisogno di interrogare se stesso su cosa non lo facesse dormire”. Si tratta di pagine e pagine ritrovate dentro gli scatoloni della mansarda, che Scòzzari riprende in mano, rispolvera, riscrivere attraverso le fil rouge della “giustificazione socio-politica” – dice beffardo l’autore, di buttar via dalla pancia tutte le quotidiane nefandezze che lo rendono furioso. È un pamphlet pieno zeppo di nemici da insultare, prendere a calci, deridere scimmiottandone il linguaggio, di fantasticherie da “arcivernice” su riviste porno. Tutto ciò che crea quei crampi e quelle macchiette mentali che di notte proprio non fanno dormire. È un testo irriverente, scritto con il coltello affilato e il ghigno sarcastico.
Si va dalla critica dell’uso della lingua italiana da parte dei giovani, che definisce “un incrocio tra i carciofi e le amebe”, tanto per andare sul sottile. Alle invettive contro il consumismo più forsennato, contro la stupidità della gente, contro la mala sanità e l’affaristica aziendalizzazione degli ospedali, contro l’Argentina dei Colonnelli, contro gli odierni miti farlocchi. È un assalto su più fronti, a differenza del precedente “XXX – Racconti Porno” (Coniglio Editore/2008)
“È tutto una bestemmia!” – afferma Scòzzari – “è un libro liberatorio, un’arma”, che definisce “vigliacca”, “nel senso che punta il dito, aguzza la lingua contro qualcuno, ma questi, però, non può controbattere”.
Dopo gli anni Settanta- Ottanta- Novanta passati a fare fumetti inventandosi, tra l’altro, insieme a Stefano Tamburini, Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Massimo Mattioli, riviste fondamentali come “Cannibale” e “Frigidaire”, Filippo Scòzzari lascia la matita per la tastiera del computer, che diventa magicamente “il mandante della sua scrittura”. Afferma, infatti, l’autore: “dopo ore e ore passate davanti allo schermo blu, il monitor è come se mi dicesse: “ma cosa fai qui davanti? Esci, guarda il mondo”. “E così invece di uscire sono entrato dentro me e mi sono interrogato sui doloroni, dolorini, sulle tare che mi danno insonnia”.

Lina Rignanese

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