sabato 14 maggio 2011

IL SIGNOR VASQUES E LA RUA DOS DOURADORES

















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Il principale, il signor Vasques. Sento spesso, inspiegabilmente, l'ipnosi del signor Vasques. Ma che cosa è per me quest'uomo, oltre all'ostacolo occasionale di essere padrone delle mie ore, nello spazio diurno della mia vita? Mi tratta con simpatia, mi si rivolge con gentilezza, salvo che in certi inaspettati momenti di preoccupazione, allorché non è gentile con nessuno. Sì, ma perché mi preoccupa? È un simbolo? È una ragione? Cosa è?
Il principale, il signor Vasques. Ho già il suo ricordo proiettato nel futuro con la nostalgia che proverò allora. Io allora vivrò in pace in una casetta alla periferia di qualcosa, godendomi una tranquillità in cui non dovrò fare il lavoro che comunque anche ora non faccio e cercando, per continuare il mio non fare niente, scuse diverse da quelle con le quali oggi evito il confronto con me stesso. Oppure sarò ricoverato in un ospizio per poveri, pago della mia completa sconfitta e confuso fra quei relitti umani che pensavano di essere geniali e invece erano solo mendicanti carichi di sogni; io, insieme alla massa anonima di coloro che non ebbero la forza per vincere e neppure la generosa rinuncia per vincere alla rovescia. Dovunque sia, proverò nostalgia per il principale, il signor Vasques, per questa stanza di Rua dos Douradores. E la monotonia della vita quotidiana sarà per me come il ricordo degli amori che non ebbi, o dei trionfi che non sarebbero stati miei.
Il principale, il signor Vasques. Oggi lo vedo da quell’allora, come lo vedo oggi esattamente da qui: statura media, tarchiato, rozzo, con le sue doti e i suoi limiti, franco e astuto, brusco e affabile, un padrone, oltre che per i suoi soldi, anche per quelle sue mani villose e lente, dalle vene sporgenti come piccoli muscoli colorati, col collo robusto ma non grasso, con le guance colorite eppure lisce sotto la barba scura sempre accuratamente rasata. Lo vedo, vedo i suoi gesti lenti ed energici, i suoi occhi che portano dentro di lui le cose dell’esterno; colgo il turbamento del momento in cui mi disapprova, e il mio animo si rallegra per un suo sorriso, un sorriso vasto e umano, come l’applauso di una folla.
Forse sarà perché non ho vicino a me una figura più importante del signor Vasques che, spesso, questa figura comune e perfino volgare mi si inserisce nella mente e mi distrae da me stesso. Credo che egli sia un simbolo. Credo, sono quasi certo, che da qualche parte, in una vita remota, quest’uomo sia stato nella mia vita qualcosa di più importante di ciò che oggi non sia.

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Ah, ho capito!il signor Vasques è la Vita. La Vita, monotona e imprescindibile, legiferante e sconosciuta. Quest’uomo banale rappresenta la banalità della Vita. Egli, all’esterno, è tutto per me, perché la Vita per me è tutta all’esterno. E se l’ufficio di Rua dos Douradores per me rappresenta la Vita, questo secondo piano dove alloggio, nella stessa Rua dos Douradores, rappresenta per me l’Arte. Sì, l’Arte che alloggia nella stessa strada della Vita, però in un luogo diverso; l’Arte che allevia dalla Vita senza alleviare dal vivere, e che è tanto monotona quanto la vita, ma soltanto in un luogo diverso. Sì, questa Rua dos Douradores abbraccia per me l’intero senso delle cose, la soluzione di tutti gli enigmi, posto che esistano enigmi; fatto, questo, che non può avere soluzione.


NOTE:
i numeri stanno a indicare la posizione all’interno delle due versioni di riferimento:
- F. Pessoa,‘Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares', prefazione di A. Tabucchi, ed. Feltrinelli, 2008.
- I numeri tra parentesi da: F. Pessoa, ‘Livro do Desassosego por Bernardo Soares’, prefacio e organização de Jacinto do Prado Coelho, Ática, Lisboa, 1982, 2 voll.

LR

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