L’occasione che portò l’artista a scoprire l’Eldorado (una sorta di Muccassassina della Berlino anni Trenta dove aveva cantato anche Marlene Dietrich), fu l’invito, di qualche anno fa, a Palazzo Valentini, in occasione della giornata della memoria, per parlare delle deportazioni di 30.000 omosessuali nei campi di concentramento nazisti, circa la metà di essi non fece mai più ritorno. In particolare Luxuria venne colpita dalla foto di una drag queen dell’epoca “che sembrava mi guardasse negli occhi e mi dicesse ‘racconta questa storia’”. Alla fine del libro, in un’appendice, si può scorrere la lista di alcune delle persone gay sterminate, in quanto omosessuali, durante la Seconda Guerra Mondiale.
L’input che nel romanzo riconduce la memoria del protagonista a questi tragici ricordi è stata l’aggressione subita da Raffaele, gay settantenne nella Milano degli anni Ottanta. Una sera egli dà un passaggio in auto a un ragazzo che sembra intenzionato a sedurlo, ma appena giunti in periferia estrae il coltello e lo deruba, lo picchia e gli porta via la macchina. Una simile disavventura era capitata all’amico Aldo, da qui nasce il viaggio a ritroso nel tempo fino agli anni Trenta, seguendo un filo di violenza che dalle pazzie ideologiche del Nazismo continuano quasi ininterrotte fino ai giorni nostri.
A fare da contraltare, a controbilanciare la drammaticità della storia, vi è l’ironia del protagonista, nonostante gli insulti, i drammi, la ferocia degli altri subita sulla propria pelle, Raffaele non è mai diventato un “cinico” o un “cattivo”, ma, attraverso la lente del distacco dell’ironia, ha saputo difendersi abilmente e intelligentemente dagli stupidi attacchi da parte della gente.
Un romanzo per riflettere, un viaggio nella Storia, ma anche un modo per parlare della vecchiaia, della solitudine e dell’Amore vero, che può arrivare quando ormai si sono perse tutte le speranze di felicità. Un “romanzo pop sull’olocausto”, lo ha definito l’autrice. Un romanzo pop sull’omofobia tout court, aggiungerei.
Lina Rignanese
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