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La trama del film è pressoché scontata: un gruppo di scienziati, attraverso esperimenti genetici sulle scimmie, sta cercando di trovare una cura per combattere il morbo di Alzheimer. Gli esperimenti sembrano dare risultati soddisfacenti, ma qualcosa non torna: sulle scimmie, infatti, si riversano degli effetti collaterali che portano i primati ad un aumento dell’intelligenza. Pian piano questo nuovo potere delle scimmie (come spesso accade) si ritorcerà contro l’uomo stesso, portando ad un caos generale incontrollabile.
I temi trattati nella pellicola di Wyatt sono diversi e tutti di un certo interesse. In primo luogo, sicuramente, c’è da segnalare il tentativo e la solita voglia dell’essere umano di somigliare a Dio cercando di essere più grande di Lui; in questo caso la smania di potere da parte dello scienziato Will Rodman (James Franco) tradotta nella volontà di curare il padre, rappresenterà l’inizio di una catastrofe che nessuno riuscirà più a controllare. Personaggio chiave del film è sicuramente Caesare, la “scimmia domestica” (se così la si può chiamare) di Rodman che scoprirà da sola qual è il suo vero posto ed il suo vero popolo. Caesare scoprirà, grazie al suo “padre umano” il significato delle parole amore ed amicizia, che lo porterà ad esplorare confini mentali mai conosciuti, tanto da non sapere più chi davvero esso sia. Ma purtroppo Caesare comincerà ad assaporare anche il significato di parole quali tradimento e rancore, portando il suo gruppo di scimmie, delle quali ormai è diventato il leader, ad una ribellione e ad una presa di coscienza del loro vero essere.
Un film dunque che offre molti spunti di riflessione; un finale forse un po’ scontato, ma mascherato da un’ottima fotografia ed una sceneggiatura sempre in crescendo senza momenti morti né dialoghi superflui.
Emiliano Sportelli
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