L'[A]lter è un contenitore senza coperchio. Una finestra sull'underground e sulle controculture.
lunedì 5 luglio 2010
COREA/BOLLANI: UN DUO EFFERVESCENTE
Uno di fronte all’altro, Chick indossa una camicia nera in lino, pantaloni da tuta e scarpe da ginnastica, Stefano è più sobrio e casual. I due si guardano, ammiccano, fanno facce divertite, sorridono. Due modi di suonare molto diversi, eppure un’intesa forte. Chick Corea e Stefano Bollani insieme presso l’Auditorium Parco della Musica (4 luglio), protagonisti di una serata jazzistica molto intensa e particolare.
La coppia trasmette ilarità: da una parte un Bollani irresistibile, fisico, mimico, suona con tutto il corpo, dall’altra un Corea monumentale, fermo, immobile, pacato, trasmette leggerezza e tranquillità nel modo di eseguire. Si cambiano spesso di posto, avvicendandosi tra il pianoforte e quello a coda. Non mancano le gag burlesche, come quella in cui Bollani lustra il sedile in cui si siederà il maestro di Chelsea, mentre questi finge di spolverargli il piano.
I due suonano specularmente, alternandosi e scambiandosi le parti musicali. La tecnica di Bollani è pazzesca, inventa, scherza con le scale, fa voli pindarici, partendo da un brano e arrivando ad inserire melodie di altri pezzi. È fantastico. Lo stesso Corea, durante l’esibizione, lo chiamerà: “my genius friend”. Ed è proprio un genio, Bollani, quasi adombra quel mostro sacro di Corea, che ci sta al gioco delle parti, così l’americano lascia fare la prima donna al milanese. Bollani è scatenato, si alza in piedi, accenna passi di danza, saltella sulla destra e cerca i tasti più acuti della tastiera, poi divertito si risiede, si rivolge verso il pubblico, ciondola il capo, suona con una mano, volteggiando scale, poi allunga la gamba destra e la muove come fosse un arto a sé, tiene il tempo forsennatamente.
Stupisce anche per l’intensità della voce, Bollani, che ci delizia con ‘The touch of your lips’.
Una serata effervescente e di alta qualità. I due passano da classici più blues, allo swing, al charleston, a brani della tradizione italiana, ad accenni di musica brasiliana. Il tutto senza spartiti, improvvisato e mescolato con un’estrosità singolare da parte di entrambi. Non mancano classici come ‘Armando’s Rhumba’ dello stesso Corea e ‘Blue Monk’.
Lina Rignanese
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento