sabato 4 giugno 2011

ELENA UNDONE

Credete nell’anima gemella? Nelle coincidenze che rendono misterioso e affascinante un incontro? Siete alla ricerca dell’Amore romantico che devasta le esistenze, oppure l’avete già trovato? ‘Elena Undone’ della regista Nicole Conn è il film giusto per voi. Presentato durante la prima giornata del ‘Queering Roma – Festival del cinema lesbo, gay, bisex, trans, queer’ (3-4-5 giugno) presso il Nuovo Cinema Aquila. Organizzato dall’associazione Armilla con la collaborazione del Museo nazionale del cinema e di altri festival lgbt nazionali, quali ‘Da Sodoma a Hollywood’ di Torino, ‘Divergenti – Festival internazionale di cinema trans’, ‘Some Prefer Cake – Lesbian Film Festival’ di Bologna.

Una commedia (inizia con drammi personali e termina con un lieto fine) che racconta la storia di Elena (l’intensa Necar Zadegan), moglie e madre eterosessuale, figlia di genitori credenti e conservatori (l’una cattolica, l’altro indù), sposata con Barry (Gary Weeks), il pastore della comunità, non avrebbe mai nemmeno pensato di poter innamorarsi di una donna, finché la sua vita non incrocia quella di Peyton (la fascinosa Tracy Dinwiddie), scrittrice affermata e lesbica dichiarata. Una serie di coincidenze e di ripetuti incontri in luoghi inaspettati portano le due a legarsi di una forte e intima intesa. Elena è rinvigorita, rinata da questa conoscenza e non vorrebbe perdere questa persona “speciale” per nessuna ragione al mondo. Neanche quando Peyton le confessa la sua attrazione per lei e le chiede con sofferenza di non vedersi più, in fondo non crede in un futuro con una donna etero e sposata, Elena non molla e la prega di non uscire dalla sua esistenza. L’evoluzione della protagonista è evidente: da ‘mamma orsa’ (tipica espressione usata in ambienti conservatori e Tea Party) a donna autodeterminata e coraggiosa che compie una scelta estrema, da frigida moglie di Barry e annoiata “spettatrice” dei suoi sermoni domenicali ad amante appassionata e talentuosa fotografa. La sua vita era grigia, monotona e “squadrata”, finché non si è gettata a capofitto in un amore che sembrava impossibilitato da ostacoli insormontabili, e invece… Inizierà un’appassionata storia d’amore, raccontata con delicatezza e con contrasti di luminosità che impreziosiscono una buona fotografia (curata da Tal Lazar), e poi come non sciogliersi dinanzi a uno dei baci più lunghi della storia del cinema…
Un film che tratta con garbo numerose tematiche: la religione, il matrimonio, il sesso, l’omofobia, l’Amore, la maternità. Importante su quest’ultimo punto la legge sull’inseminazione artificiale, possibile sia per coppie sposate (o no), sia per single, che siano essi etero o omosessuali.
Sullo sfondo, gli ambienti conservatori di una chiesa, quella protestante, chiusa, cieca, razzista, attaccata ai suoi privilegi “divini” di bianchezza ed eterosessualità. Non mancano i riferimenti alle crociate contro i “peccatori” gay. Il pastore Barry e il suo gregge sono gli unici a uscire perdenti da questo film. Barry con la sua vita costruita artificiosamente “a regola d’arte”: egli recita nei suoi sermoni e recita in famiglia, il suo matrimonio è una farsa, di fatto l’unico legame che tiene insieme i due coniugi, oltre all’abitudine e ai compromessi, è il figlio Nash.
Esce del tutto vincente dalla storia la nuova generazione: Nash e Tori, la sua ragazza, sono i primi a notare il cambiamento di Elena, e se Tori avvalla e incoraggia la scelta di Elena verso la felicità, Nash è combattuto da un sentimento di delusione e repulsione nei confronti di una mamma che da “normale” diventa “anormale”. Alla fine Nash farà anche lui la scelta “giusta”.
Forse kitsch, ma sicuramente distensiva e leggera la cornice relativa a Tyler (un simpatico Sam Harris) e alla sua “scienza” delle anime gemelle. Un po’ santone, un po’ amicone, il sensitivo avverte nella vita di Elena un cambiamento imminente e travolgente e sarà il collante di tutta la vicenda tra le due protagoniste, dall’inizio alla fine.

Lina Rignanese



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