L'[A]lter è un contenitore senza coperchio. Una finestra sull'underground e sulle controculture.
sabato 19 novembre 2011
SCIALLA! (stai sereno)
È nelle sale da ieri – distribuito in 250 copie – il debutto alla regia dello sceneggiatore Francesco Bruni. Vincitore del Premio Controcampo alla Mostra del Cinema di Venezia. Si tratta di una “commedia scialla” - come l’ha definita l’autore – che sta a indicare un genere leggero, parlato in gergo giovanile, ma anche il modo di stare al mondo con lentezza e tranquillità. Quasi un inno ai tempi pacati (dinanzi al vorticoso balenare di barzellette, sorrisi e faccine di cui son piene le tradizionali commediole nostrane) e al lento incedere di chi, seduto dietro la scrivania, studia, pensa e riflette, non senza sacrifici e sforzi di volontà.
Il film ha per protagonisti Bruno (un intenso Fabrizio Bentivoglio), ex-professore, ora ghostwriter e insegnante di lezioni private e Luca (l’esordiente Filippo Scicchitano), uno dei suoi allievi, svogliato come gli altri, ma irriverente e pieno di vita. Un giorno compare nella vita di Bruno Marina (Arianna Scommegna), la mamma del ragazzo, che gli confessa la sua genitorialità e gli affida il figlio per motivi di lavoro. Viene a crearsi una convivenza sopra le righe, tra scontri e ritrovamenti, che porterà padre e figlio a crescere e a modificare atteggiamenti che sembravano aver assunto fasi stantìe e logore (per Bruno) e pericolose (per Luca).
Al fascino che il liceale subisce per i film di “delinquenti”, per la “credibilità da strada”, che implica il rispetto preteso con la violenza e con il timore, il professore contrapporrà quel rispetto gratuito, che gli altri ti danno senza voler ricevere nulla in cambio (assumendo la “pietas” di Enea a modello educativo). D’altro canto, all’apatia, alla routine, all’inerzia della vita di Bruno, la vicinanza di Luca porterà a mutare in coraggio, presa di posizione, forza di cambiare.
In trasparenza, però, il film appare come un elogio a quelle donne e madri che scelgono di crescere da sole i propri figli, caparbie, forti e altruiste, dinanzi a uomini sciatti, deboli, privi carattere e incapaci di assumere quel ruolo che deve affetto e nel contempo limiti. Saranno, inoltre, proprio i personaggi femminili (oltre a Tina e Marina c’è anche la prof.ssa Di Biagio, Raffaella Lebboroni) a mettere in crisi l’uomo-Bruno, a sbattergli in faccia realtà che lui non vede (o non vuole) e che gli evolveranno la vita.
Vien fuori anche uno spaccato di vita medio-borghese, dove all’imbarbonimento degli intellettuali – il regista ammette di essersi ispirato, per il personaggio di Bruno, al Lebowsky dei fratelli Coen e al Geppetto di Nino Manfredi – è contrapposta la ricchezza e l’estetica delle ville e dei macchinoni da parte di un boss della malavita (Vinicio Marchioni) e di una ex-pornostar ora produttrice di film hard (la bella Barbora Bobulova). Questi ultimi però sorprendentemente amanti dell’arte, così, se “er Poeta”, oltre alla droga e ai festini, apprezza Truffaut, Tina (Bobulova) suona Chopin al pianoforte. Dunque, anche i personaggi meno positivi si riscattano per sete di cultura.
Sta proprio in questo invito ad acculturarsi il messaggio (poi non così) nascosto del film. Da consigliare ai più giovani, che ben si riconosceranno nell’ottimo Scicchitano e nelle musiche di Amir Issaa & Ceasar Productions, e agli adulti, per confrontarsi con le proprie ansie e con la ridicolezza di certe scelte troppo seriose e pesanti.
Lina Rignanese
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