Una festa allegra, spensierata e colorata. Carri, maschere, paillettes, lustrini e parrucche. Musica e gente desiderosa di divertirsi in piazza, per le strade, alla luce del sole e gridare – a suon di dance e pop – il proprio amore “uguale anche se diverso”. Ogni gay pride è questo, ma anche e soprattutto la necessità di rendere visibili le proprie esistenze e reclamare con fervore diritti sociali e politici. Non è un caso che l’Europride quest’anno si sia svolto a Roma. L’Italia è, infatti fanalino di coda dell’Europa e dell’Occidente per quanto riguarda il riconoscimento legislativo di cittadini gay lesbiche e transessuali. Dopo l’ennesimo slittamento della proposta di legge avanzata alla Camera dalla deputata Pd Anna Paola Concia, dopo l’affossamento di PACS, Dico e vari tentativi di riconoscimento delle coppie di fatto, dopo gli eccessi di familismo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Giovanardi e le affermazioni da macho-man del Premier Silvio Berlusconi. E ancora tra un diktat “vaticanense” e un arrembaggio leghista o fascista, non si poteva non portare tra le strade capitoline la marcia per i diritti, l’uguaglianza, la dignità del popolo lgbtqi (lesbo, gay, trans, bisex, queer, intrasex).
Il corteo è partito alle 16 da Piazza della Repubblica, quaranta carri, circa 1 milione di persone, stimati degli organizzatori. Un serpentone energetico, brioso e danzante, con i colori dell’arcobaleno (simbolo del movimento lgbt sin dalla rivolta di Stonewall e oggi associato anche ai movimenti pacifisti) a fare da sfondo alla festa, ma anche ai messaggi politici: doveroso il ricordo di David Kato Kisule (attivista Lgbt ucciso in Uganda lo scorso gennaio), tante le prese di posizione contro le ingerenze del Vaticano nella vita sessuale della gente (tra preservativi vietati e omosessualità messa al bando), molte le rime satiriche su Santanché, Stracquadanio, Binetti, Giovanardi. Su numerose maglie si leggono le scritte adesive: “Amare è un diritto umano”, “Libera di essere lesbica”. Dopo circa quattro ore, la parata è giunta a Circo Massimo per l’attesissima “apparizione” di Lady Germanotta. La guest-star, con parrucca azzurra, occhiali da sole e un vestito Versace a scacchi bianchi e neri, ha intonato ‘Born this way’ (diventato un inno della comunità Lgbt mondiale) e ‘The Edge of Glory’. Prima della musica, la pop-star e icona gay per eccellenza, ha incantato il pubblico, sovraeccitato dalla sua presenza, con un discorso, tenuto rigorosamente in prima persona, sobrio e denso. Una richiesta, un augurio e un invito a tutti di continuare a lottare, finché ogni Paese del mondo non abbia cancellato quelle leggi che denigrano, condannano, puniscono e mettono a morte le persone omosessuali: “Chiediamo uguaglianza piena. Sono arrabbiata come voi. Dobbiamo dare prova della nostra rabbia e della nostra pena e difendere l'amore. Facciamo la rivoluzione dell'amore!”
Di sotto qualche scatto allegro:
Lina Rignanese
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