lunedì 18 luglio 2011

LETTERE DAL DESERTO (ELOGIO DELLA LENTEZZA)

Hari cammina nel deserto o al massimo pedala fin dove l’asfalto arriva. Siamo nel villaggio di Udat, nel deserto del Thar (Nord-Ovest dell’ India) composto di pochi nuclei familiari, poche capanne distribuite nel territorio semi-arido. In posti come questo, il postino ha una funzione quasi divina: egli è (ancora) il custode delle buone o delle brutte notizie portate consumando le suole delle scarpe e annunciate con la propria voce; quasi nessuno nel villaggio sa leggere o scrivere, così, per ogni lettera recapitata, Hari sosta davanti alla porta delle case e legge il contenuto di tutte le corrispondenze: di un figlio che parla del lavoro in una qualche metropoli del mondo; di un invito di matrimonio; della nascita di un altro nipote; di un parente scomparso. Le notizie luttuose si riconoscono, invece, a vista d’occhio: sono le missive con un angolo strappato.
Girato tra il 2008 e il 2009, la docu-fiction di Michela Occhipinti immortala una realtà completamente in via d’estinzione. Uno degli ultimi baluardi di romanticismo, di lentezza e di magia legati alle comunicazioni, è stato, nel frattempo, travolto dalla dilagante tecnologia. “Mentre il film era in corso d’opera” – sottolinea la regista – “sono iniziati i lavori di erezione di antenne delle telecomunicazioni”. È in questo preciso passaggio storico che l’alchimia d’inchiostro, penna e carta diventa, d’un tratto, vecchia e obsoleta. Avanza l’era dei cellulari anche nel deserto, delle comunicazioni facili e veloci da ogni parte del mondo. Si perde così la capacità della gente di saper aspettare, la capacità di vivere lentamente. Così, mentre gli operai lavorano per mettere su queste strane torri metalliche (veri intrusi del paesaggio, diremmo in Occidente), il lavoro del postino non ha più ragione d’esistere. Hari s’inventa venditore ambulante di frutta e verdura.
Un film ben confezionato, una storia commovente e coinvolgente. Il tentativo – ben riuscito – di raccontare poeticamente una storia fatta di spazi immensi, deserto, facce scavate dal tempo, lentezza, natura selvaggia e incontaminata. E l’arrivo del moderno, della tecnologia e della svolta storica.

Lina Rignanese

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