giovedì 28 aprile 2011

PLASTIKI














Era il 28 aprile del 2010 e una zattera interamente costruita con 20.000 bottiglie di plastica, il Plastiki, salpava dalla baia di San Francisco verso Sidney a 12.000 km di distanza. L’idea di attraversare l’Oceano Pacifico era venuta al milionario e ambientalista britannico, David Mayer de Rothshild, sulla scia di una precedente spedizione avvenuta nel 1947 a bordo di una zattera di tronchi, il Kontiki, guidata dal norvegese Thor Heyerdahl. Lo scopo di Rothshild era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica circa un uso più consapevole della plastica. Materiale che circonda ogni nostra azione quotidiana, dal cruscotto delle macchine, alla tastiera dei pc, alle bottiglie d’acqua, all’insalata.
A causa dello smisurato e spasmodico consumo di plastica è spuntato un nuovo continentale galleggiante proprio in mezzo al Pacifico, si tratta del Great Pacific Garbage Patch. Un accumulo di rifiuti di plastica esteso per un territorio grande circa due volte la Gran Bretagna e che fluttua trasportato dalle correnti oceaniche. Si trova appena sotto la superficie fra la California e le Hawaii e si forma per una corrente circolare in mezzo al Pacifico. Un vortice che ha iniziato a raccogliere qui la spazzatura di tutto il mondo e nessuna Nazione si è mai assunta la responsabilità, né la gestione o il tentativo di smaltimento.
Durante la traversata, se il Garbage Patch è stato una presenza ingombrante, di contro un’assenza lampante è stata quella degli animali marini. Se nei diari di bordo di Heyerdahl si descriveva l’Oceano come un brulicare di pesci che andavano a sbattere contro la zattera e spesso vi finivano sopra, nei quattro mesi di navigazione, la truppa del Plastiki, invece, era riuscita a pescare solo cinque pesci in tutto.
Alla base del progetto Plastiki vi era il tentativo di navigare in una situazione di quasi totale autosufficienza e nel modo più sostenibile possibile. In effetti, la zattera lunga 20 metri e interamente composta di materiali riciclati veniva alimentata da pannelli fotovoltaici, da un generatore di elettricità collegato a una cyclette, e in caso di venti sfavorevoli il catamarano poteva muoversi con un motore a olio vegetale, sebbene fosse poi risultato troppo poco potente. La skipper Jo Royle aveva previsto a bordo anche una capsula con dentro un orticello, però questo era finito con l’appassirsi alle bollenti latitudini equatoriali e per il necessario frazionamento dell’acqua potabile.
Dopo aver affrontato venti di burrasca a 60 nodi, tratti di vento contrario, distese di mare in bonaccia e infine il temibile mare di Tanzania, il cosiddetto “peggior tratto di mare del mondo” per via della confluenza dei forti venti dell’Antartide, il Plastiki, con tutto il suo carico di temerarietà e buona volontà, è riuscito a raggiungere le acque sicure di Sidney. Un’avventura costantemente aggiornata sul blog di David e che ha vantato milioni di interessati, spettatori e lettori, grazie al web e ai collegamenti satellitari con i media di tutto il mondo. Giunto sulla terraferma David, più che a trasmettere il sospiro di sollievo per l’arrivo era già ripartito in quarta con la nuova sfida: “il punto non è tanto se riusciremo a salvare la Terra, quanto piuttosto se riusciremo a salvare noi stessi”.

Lina Rignanese

2 commenti:

  1. 'Plastiki' è anche un documentario (USA/2010) di Vern Moen, film-maker e membro dell'equipaggio del Plastiki. Il lavoro è stato presentato in anteprima nazionale il 19 aprile scorso a Roma, presso la Sala Cinema del Palazzo delle Esposizioni, all'interno della rassegna 'doc del National Geographic'.

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  2. I membri dell'equipaggio sono stati:
    Jo Royle, David Thomson, Matt Grey, Vern Moen, Max Jourdan, Graham Hill, Luca Babini, Olav Heyerdahl e David Mayer de Rothshild.

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