lunedì 18 gennaio 2010

«Uniti in mille forse possiamo fare almeno un mezzo Pasolini»

LA RIVOLTA DELLA POESIA

di Pietro Spataro

Da Bari e da Torino. Da Bologna e dall'Aquila. Da Ancona e da Milano. Sono arrivati da tutta Italia, in macchina e in treno: tutti a spese proprie. Si sono ficcati, pigiati uno addosso all'altro, dentro un piccolo locale di San Lorenzo a Roma e sono stati per sei ore a discutere di questo Paese spezzato, dell'odio contro gli immigrati, della scuola malata, della cultura depredata, della tv che comanda. Lo hanno nominato poco, ma dietro ogni discorso c'era lui: Silvio Berlusconi. I protagonisti di questa «rivolta delle parole» sono poeti.

Quei trenta che due mesi fa scrissero poesie per l'antologia «Calpestare l'oblio» (che abbiamo pubblicato su l'Unità) più tanti altri che si sono aggiunti strada facendo. Più tanti altri ancora che non scrivono poesie ma le amano e le leggono e che soprattutto non sopportano la cappa di piombo che oggi pesa sull'Italia. Oltre cento in tutto.

Già questo è un fatto strano. Mentre il quartiere romano della movida si prepara alla lunga notte dei pub, dei locali e delle osterie, più di cento persone mettono in scena la loro protesta. Ci sono tantissimi giovani, la maggioranza: non hanno nemmeno trent'anni e si sentono defraudati del proprio futuro. Hanno studiato, si sono laureati e ora arrancano in una società che premia i grandi fratelli ma non fa nulla per quelli che hanno faticato sui libri sperando di fare cosa giusta e utile. Evelina De Signoribus è una di queste: viene da Cupra Marittima, è laureata in Lettere e sta studiando per la seconda laurea. «La scuola è un vero disastro - dice - La Gelmini la sta distruggendo e alla fine noi non riusciamo a trovare uno straccio di lavoro».

Davide Nota, che è il giovanissimo padre di questa ribellione nata sul web, era preoccupato ma alla fine osserva soddisfatto la platea e il piccolo palco. «Vedi, tutta questa gente è la dimostrazione che i poeti possono smetterla di fare le monadi - spiega - e devono confrontarsi con la realtà che sta lì fuori». Lui crede con tutta l'anima che bisogna battersi contro il consumismo che «riduce l'individuo a un ruolo». Franco Buffoni è poeta assai rodato, ha sessant'anni e si muove agilmente in mezzo a questi ragazzi jeans e maglietta che vogliono cambiare il mondo cambiando le «piccole cose». «Il danno più grande - spiega - è la rimozione della cultura. Un tempo la tv educava, poi sono arrivate le tv commerciali e allora è iniziato il declino». Ironizza Flavio Santi, trentenne friulano: «Siamo in una situazione in cui possiamo dire, con Homer Simpson: tutto quel che so l'ho imparato dalla tv. È un dramma».

Questo giovane movimento è nato dal verso di un ottantenne come Roberto Roversi: «Calpestare l'oblio / il viaggio dei ricordi non è mai finito / là c'ero anch'io». Difesa della memoria, battaglia contro chi vuole cancellare la storia, e tutti dalla parte della Costituzione: il progetto è qui. I ragazzi osservano un Paese che è diventato cinico e razzista (basta guardare a Rosarno), che si è votato al consumismo e ha spezzato ogni legame sociale. È ormai il luogo dove trionfa l'individualismo. «Usatela la poesia - dice Rosemary Liedl, vedova di Antonio Porta - Abbiate il coraggio di ritrovare la forza di fare». Aggiunge Maria Grazia Calandrone: «Come diceva Borsellino parlando di mafia: uniamoci, non potranno ammazzarci tutti». Enrico Piergallini, poeta vicesindaco a Grottammare, indica un compito: «Penetrare nella coscienza dei cittadini».

Ma è questo il ruolo di un poeta? È questo. Perché di poeti cuore-amore, pensano, ne abbiamo sopportati troppi. Perché di fronte allo sfascio del Paese occorre sporcarsi le mani con la realtà. Come dice Gianni D'Elia: «Uniti in mille forse possiamo fare almeno un mezzo Pasolini». Poeti così non piacciono. Non piacciono ai giornali della destra (Giornale e Foglio) che li hanno attaccati duramente. Ma nemmeno ai giornali come il Corriere e a tutti gli altri che infatti li ignorano. Pensano che la poesia debba stare al posto suo: lontana dai drammi della vita, lontana dalla politica. Invece, come ha detto qualche mese fa proprio su questo giornale Andrea Zanzotto, «la poesia ha un ruolo fondamentale in questa melma di disvalori: crerare le connessioni tra passato e futuro».

Questi ragazzi venuti da ogni parte d'Italia lo sanno e infatti vanno avanti con passione. La strada sarà lunga. Ma forse anche in mezzo a loro, così come in mezzo al «popolo viola», l'opposizione potrà ritrovare il filo del verso giusto.
pspataro@unita.it

(fonte: http://giubberosse.blog.unita.it//La_rivolta_della_poesia_898.shtml)

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