martedì 13 aprile 2010

WILLIAM KLEIN E LE STRADE DI ROMA













Mercati di Traiano
Museo dei Fori Imperiali
Promosso da: Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma, Sovraintendenza ai Beni Culturali in collaborazione con Contrasto
Mostra dal 14 aprile al 25 luglio 2010


A cinquant’anni dall’uscita del libro fotografico “Roma” di William Klein, una mostra ospitata nei Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, celebra quest’omaggio fotografico e la romanità che lo sguardo, allora incosciente e sognante, dell’artista newyorkese era riuscito a raccontare.
Erano gli anni dal 1956 al 1960, periodo in cui il giovane Klein, già pittore, grafico e fotografo, visse a Roma al seguito di maestri d’eccezione (Fellini, Pasolini, Moravia, Flaiano, ecc). Nel 1956, fu lo stesso Fellini a volere l’artista con sé come aiuto regista nel film “Le notti di Cabiria”. La produzione ebbe dei problemi economici, così le riprese si protrassero a lungo. Fu questa l’occasione che l’autore dello scandaloso diario fotografico “Life is Good & Good for You in New York” sfruttò per riprendere in mano la sua Leica e impossessarsi dell’anima di Roma e dei romani.
Gli scatti, sempre in bianco e nero, sono pervasi della sua concezione della vita come un flusso inarrestabile di immagini, suoni, rumore e danza. Fedele a quella “Street Photography” che aveva, in quegli anni, messo in discussione la sacralità delle classiche pose fotografiche alla Cartier-Bresson, Klein inaugura una nuova stagione d’arte fotografica, fatta per le strade, partendo dal “grado zero” del linguaggio visivo e sperimentando di tutto. Scatta le foto senza puntare. Esagera la grana, il contrasto. Ingrandisce a dismisura. Passa letteralmente il processo fotografico al "tritacarne". Lui stesso afferma: “Molto consapevolmente ho fatto il contrario di quello che si faceva. Pensavo che il fuori campo, il caso, l’utilizzazione dell’incidente, un altro rapporto con l’apparecchio avrebbero permesso di liberare l’immagine fotografica”. Klein parte dal caso quotidiano per organizzare il disordine, secondo quella tecnica che lui chiamò “foto-automatografia della strada”. In questo disordine organizzato c’è posto anche per i suoi scritti, appunti, ritagli di scritture, frammenti di pensieri, citazioni (Leopardi, Pasolini, Belli, Michelet, Stendhal, Goethe), il tutto mescolato insieme in dettagli, descrizioni che accompagnano le foto, giocando con gli scatti stessi. Ad esempio, Mario Soldati: “Scrittore, regista, buongustaio, vivace, spiritoso, ha letto i classici, esibizionista, vorrebbe fare l'attore, somiglia vagamente a Groucho Marx”. Alberto Moravia: “Habitué delle cliniche, osserva clinicamente i suoi personaggi, annoiato, infelice, le mani legate, sinistro, Moravia scruta questa vita ingrata”. Cesare Zavattini: “Scrittore, umorista, furbo, buono, coraggioso, impetuoso, sentimentale, molto impegnato, pieno di energia e di idee buone o cattive, capisce tutto, ha visto tutto”.
Oggi Klein è un allegro vecchietto, dagli occhi vispi, che rivive questa esposizione “come rivedendo un’antica fidanzata. C’è un ritorno di cuore”. E un ritorno di cuore, anzi una sorta di nostalgia del passato, l’avverte anche il visitatore, che si lascia incantare da quegli scatti, in cui vengono immortalati insieme, sorridenti, De Sica, Fellini e Rossellini, sul set de “Il generale Della Rovere”. Ma nelle sue foto c’è molto di più, c’è il costume di quegli anni, c’è la gente popolana, c’è tutto il modo di vivere di allora. È un’arte che potremmo definire “sociale”, perché grazie alle sue opere la fotografia è divenuta ancora di più un mezzo per conoscere le persone. In questo senso, Klein ha influenzato molti fotografi impegnati nel sociale, come Diane Arbus, Eugene Smith, Mario Cattaneo. Onnipresente la Vespa che, come si legge sul pannello “non solo ha rotto i timpani degli italiani, ma anche qualche anello della Chiesa. (…) La Vespa, mezzo di trasporto, ha permesso alla gioventù di farsi smaliziata, alla morale di evolversi, all’amore di esprimersi”. Questi scatti della Roma degli anni “d’oro” del Novecento non stonano affatto con la cornice archeologica del II secolo d.C. E come nella foto “Piazzale Flaminio”, in cui una Vespa e delle macchine sono ferme al semaforo, anche il corso dei secoli si ferma al semaforo. “Il piccolo mondo romano s’immobilizza per l’eternità”.

Lina Rignanese

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