martedì 24 gennaio 2012

GIORNALISTI SFRUTTATI: 4 EURO AL PEZZO, ALTRO CHE CASTA!

“4 euro a pezzo e sotto scorta” - Siamo tutti Giovanni Tizian!

Parto dalla mia esperienza personale. Più di due anni di collaborazione con un quotidiano leccese, nessuna retribuzione, promesse di metterti in regola al momento della richiesta del tesserino, perché "così funziona". Giunto il momento, non solo il tesserino è diventato un miraggio, ma il comportamento dell'editore e della redazione tutta hanno sfiorato l'indecenza, non solo professionale, ma soprattutto umana.

Sit-in a piazza Montecitorio, 26 gennaio ore 14 - Insieme in piazza per dire NO allo sfruttamento, NO alle mafie

In piazza per esprimere solidarietà al collega Giovanni Tizian, giornalista precario sotto scorta per le inchieste sulle mafie al Nord, ma anche per “rompere” la solitudine di lavoratori “invisibili” e senza tutele, per chiedere l'immediata approvazione della proposta di legge sull'equo compenso per il lavoro giornalistico non dipendente, per sostenere una trattativa sul mercato del lavoro che cancelli il “precariato a vita” e la deregulation selvaggia di questi anni. Noi giornalisti senza contratto non siamo una “casta” come molti credono, né dei “privilegiati”, come ci ha definito un mese fa anche il Ministro del Lavoro, Elsa Fornero.

Accanto a Giovanni e gli altri colleghi…

Non si può essere pagati 4 euro ad articolo e, come sovrapprezzo, finire sotto scorta. Né si può vivere sotto minaccia, com’è capitato alla collega pugliese Rosaria Malcangi, vittima di un’intimidazione dinamitarda, o come capita in vari modi ad altri colleghi. Né si può farla finita come Pierpaolo Faggiano, suicida lo scorso giugno: a 41 anni veniva ancora pagato soltanto 6 euro a pezzo.

Retribuzioni indecorose

Da sud a nord il mercato dell’editoria si regge sullo sfruttamento. Il giornalismo italiano ha cambiato volto: gli autonomi e i precari sono 24 mila rispetto a 19 mila assunti. Contribuiamo per oltre il 50% alla realizzazione di quotidiani, periodici, radio, tv, online; le nostre firme sono sulle principali testate italiane. Eppure, lavoriamo in trincea, fuori dalle redazioni, pagati a pezzo con compensi quasi sempre irrisori, a volte di pochi euro e liquidati dopo mesi, o con Cococo spesso “capestro”, senza percepire nemmeno un fisso al mese.

Se chiediamo di essere pagati in tempi certi e decorosi, rischiamo di non lavorare più. Se la testata chiude o decide di non aver più bisogno della nostra collaborazione, siamo senza alcuna protezione né ammortizzatori sociali. Vietato ammalarsi o andare in ferie. Di rimborsi spese nemmeno a parlarne. La pensione? Un miraggio. Niente tutele contrattuali, previdenziali, assicurative.

I “paria” dell’informazione

Il precariato sottopagato non è più limitato al “periodo di prova”, cui segue un’assunzione: può invece durare una vita intera, privandoci di un presente dignitoso, rubandoci i sogni, le prospettive di un futuro e a volte anche la dignità personale, prima che professionale.

Subito la legge sull’equo compenso: no contributi a chi sfrutta

Un lavoro sempre precario, oltre a ledere la dignità personale, rende il giornalista più vulnerabile, in quanto più facilmente oggetto delle pressioni degli editori.

Chiediamo migliori condizioni di lavoro, anche attraverso regole certe, per poter garantire un’informazione di qualità ai cittadini.

Chiediamo al Parlamento una rapida approvazione della proposta di legge sull’equo compenso per il lavoro giornalistico “non dipendente”, che ha come riferimento l’art. 36 della Costituzione: in discussione alla Camera, prevede che il rispetto dei compensi minimi debba essere requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico da parte delle aziende editoriali. Chiediamo regole certe in un mercato del lavoro sempre più selvaggio.

Un’informazione sotto ricatto è un gravissimo danno anche per i cittadini e la democrazia

Comitato promotore “GIORNALISTI SENZA TUTELE: ALTRO CHE CASTA” (freelance, autonomi e parasubordinati di Stampa Romana ed Errori di stampa)


Contatti mail: 26gennaio@gmail.com; freelance@stamparomana.it

Hashtag su Twitter: #4euroalpezzo

http://www.facebook.com/groups/freelance.collaboratori/

erroridistamparm.blogspot.com/

http://www.facebook.com/groups/111399755597984/

Ufficio stampa: Valeria Calicchio cell. 347.1739345

Per interviste: Raffaella Cosentino cell. 333.7401795

mercoledì 11 gennaio 2012

AZZARDOPOLI

Vi segnaliamo il dossier di Libera su "Azzardopoli".

LE MAFIE FANNO BINGO:
UNDICESIMO CONCESSIONARIO OCCULTO DEL MONOPOLIO
10 MILIARDI IL GIRO D'AFFARI ILLEGALE,
41 CLAN SEDUTI AL TAVOLO VERDE
10 PROCURE DIREZIONI DISTRETTUALI ANTIMAFIA CHE HANNO FATTO INDAGINI

ALLARME MALATI DI GIOCO:
800 MILA PERSONE DIPENDENTI DA GIOCO D'AZZARDO E 2 MILIONI A RISCHIO


Un paese dove si spendono circa 1260 euro procapite,neonati compresi, per tentare la fortuna che possa cambiare la vita tra videopoker, slot-machine, gratta e vinci, sale bingo. E dove si stimano 800mila persone dipendenti da gioco d'azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio. Un fatturato legale stimato in 76,1 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere, mantenendoci prudenti, i dieci miliardi di quello illegale. E' "la terza impresa" italiana, l'unica con un bilancio sempre in attivo e che non risente della crisi che colpisce il nostro paese. 'Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie' ha presentato il dossier Azzardopoli, il paese del gioco d'azzardo, dove quando il gioco si fa duro, le mafie iniziano a giocare che fotografa con storie e numeri una vera calamità economica, sociale e criminale, curato da Daniele Poto e che prossimamente diventerà una pubblicazione. Sono ben 41 clan che gestiscono "i giochi delle mafie" e fanno saltare il banco. Da Chivasso a Caltanissetta, passando per la via Emilia e la Capitale. Con i soliti noti seduti al "tavolo verde" dai Casalesi di Bidognetti ai Mallardo, da Santapaola ai Condello, dai Mancuso ai Cava, dai Lo Piccolo agli Schiavone. Le mafie sui giochi non vanno mai in tilt e di fatto si accreditano ad essere l'undicesimo concessionario "occulto" del Monopolio. Sono ben dieci le Procure della Repubblica direzioni distrettuali antimafia che nell'ultimo anno hanno effettuati indagini: Bologna, Caltanissetta, Catania, Firenze, Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria, Roma. Sono invece 22 le città dove nel 2010 sono stati effettuate indagini e operazioni delle Forze di Polizia in materia di gioco d'azzardo con arresti e sequestri direttamente riferibili alla criminalità organizzata.
Ad Azzardopoli i clan fanno il loro gioco. Sono tante, svariate e di vera fantasia criminale i modi e le tipologie fare bingo. Infiltrazioni delle società di gestione di punti scommesse, di Sale Bingo,che si prestano in modo "legale" ad essere le "lavanderie" per riciclaggio di soldi sporchi. Imposizione di noleggio di apparecchi di videogiochi, gestione di bische clandestine, toto nero e clandestino. Il grande mondo del calcio scommesse, un mercato che da solo vale oltre 2,5 miliardi di euro. La grande giostra intorno alle scommesse delle corse clandestine dei cavalli e del mondo dell'ippica. Sale giochi utilizzate per adescare le persone in difficoltà, bisognose di soldi, che diventano vittime dell'usura. Il racket delle slotmachine. E non ultimo quello dell'acquisto da parte dei clan dei biglietti vincenti di Lotto, Superenalotto, Gratta e vinci. I clan sono pronto infatti a comprare da normali giocatori i biglietti vincenti, pagando un sovrapprezzo che va dal cinque al dieci per cento: una una maniera "pulita" per riciclare il denaro sporco. Esibendo alle forze di polizia i tagliandi vincenti di giochi e lotterie possono infatti giustificare l´acquisto di beni e attività commerciali. Eludendo così i sequestri.

Numeri, storie, analisi del dossier di Libera non svelano la soluzione di un giallo perché, semmai, il colore che prende l'impresa è il nero. Per i risvolti in chiaroscuro, per le numerose zone d'ombra di un sistema complessivo, quello dei giochi d'azzardo, che, curiosamente, ma non troppo, in un paese in crisi come l'Italia, funziona e tira. E' un settore che, cifre alla mano, offre lavoro a 120.000 addetti e muove gli affari di 5.000 aziende, grandi e piccole. E mobilita il 4% del Pil nazionale. E con 76,1 miliardi di euro di fatturato legale l'Italia con questa cifra occupa il primo posto in Europa e terzo posto tra i paesi che giocano di più al mondo. Per rendere lidea- commenta Libera- 76,1 miliardi, sono il portato di quattro Finanziarie normali, una cifra due volte superiore a quanto le famiglie spendono per la salute e, addirittura, otto volte di più di quanto viene riversato sull'istruzione.
Se analizziamo gli ultimi dati riferiti ai mesi di ottobre e novembre 2011, il primato per il fatturato legale del gioco spetta alla Lombardia con 2 miliardi e 586 mila di euro, seguita dalla Campania con un miliardo e 795 mila euro. All'ultimo gradino del podio il Lazio con un miliardo e 612 mila euro. Soldi che girano grazie alle 400mila slotmachine presenti in Italia, una cifra enorme, una macchinetta "mangiasoldi" ogni 150 abitanti, un mini casino' tablet in giro per i nostri quartieri.


E Roma è da primato nazionale: 294 sale e più di 50mila slot machine distribuite tra Roma e provincia. Con il primato di detenere il piu' grande locale d'Europa quello di piazza Re di Roma, nel quartiere Appio con 900 postazioni di gioco. E se il riciclaggio in Italia tocca il 10% del Pil (il doppio che nei paesi occidentali progrediti) non si può pensare che il gioco ne sia immune. Il 69% degli italiani che giocano on line ha subito una qualche forma di cyber crimine contro una percentuale mondiale che si attesta sul 65%.
Non sono solo numeri: dietro ci sono storie, fatiche, speranze che si trasformano per tanti in una trappola psicologica ed economica. A subire le conseguenze della crescente passione dello Stato per "il gioco" sono i cittadini, con costi umani e sociali che di certo superano i guadagni in termini monetari per le casse pubbliche.
Secondo una Ricerca nazionale sulle abitudini di gioco degli italiani del novembre 2011 curata dall'Associazione " Centro Sociale Papa Giovanni XXIII",e coordinata dal CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d'Azzardo), volta ad indagare le abitudini al gioco d'azzardo è stimato che in Italia vi siano 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l'11% dei giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. Il che significa che vi sono circa 800 mila dipendenti da gioco d'azzardo all'interno di un'area di quasi due milioni di giocatori a rischio. I giocatori patologici dichiarano di giocare oltre tre volte alla settimana, per più di tre ore alla settimana e di spendere ogni mese dai 600 euro in su, con i due terzi di costoro che addirittura spendono oltre 1.200 euro al mese.
Il quadro che emerge dal dossier di Libera e prim'ancora dalla ricerche e dalla relazioni sul mercato dei giochi e delle scommesse (da quella della Direzione nazionale antimafia a quella della Commissione parlamentare antimafia) sollecita, insomma, una risposta adeguata da parte di tutti, a cominciare dalle istituzioni e da chi le governa. Alle imprese più importanti e significative e a chi gestisce queste attività in maniera lecita è richiesta, oggi, una chiara e netta assunzione di responsabilità. Si tratta d'intervenire insieme e quanto prima possibile su tutti i versanti di questa vera e propria calamità, economica e sociale: quello normativo, per rendere più efficace il sistema delle autorizzazioni, dei controlli e delle sanzioni; quello educativo e d'informazione, rivolto soprattutto ai più giovani; quello di prevenzione e cura delle patologie di dipendenza dal gioco; quello culturale e formativo, che chiama in causa gli stessi gestori delle attività lecite.

Libera, al riguardo, fa proprie le proposte avanzate al governo e al Parlamento nel dicembre del 2010 dall'Alea (Associazione per lo studio del gioco d'azzardo e dei comportamenti a rischio) e dal CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d'azzardo) e propone di: definire e approvare una legge quadro sul gioco d'azzardo, affinché lo Stato recuperi il governo e la programmazione politica sulle attività di gioco d'azzardo, ridefinendo le procedure autorizzatorie; limitare i messaggi pubblicitari e di marketing sul gioco d'azzardo e garantire forme di reale e corretta informazione per il pubblico; promuovere iniziative di sensibilizzazione ai rischi collegati al gioco d'azzardo attraverso campagne di informazione alla cittadinanza; recepire l'indicazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che vede nel gioco d'azzardo compulsivo una forma morbosa chiaramente identificata e che, in assenza di misure idonee d'informazione e prevenzione, può rappresentare, a causa della sua diffusione, un'autentica malattia sociale; consentire ai giocatori d'azzardo patologici e ai loro familiari (oggi abbandonati a se stessi), il diritto alla cura, diritto al mantenimento del posto di lavoro, diritto di usufruire dei benefici di legge, diritto a una parificazione tributaria e fiscale.

Per quanto riguarda, invece, la prevenzione e il contrasto dei fenomeni d'illegalità nel mercato dei giochi, Libera, sollecita l'elaborazione di norme tese a rafforzare e rendere più efficaci, anche attraverso la previsione del delitto di gioco d'azzardo. Inoltre intensificare e potenziare i controlli ed il monitoraggio delle concessione licenze a società estere che organizzano e gestiscono scommesse in Italia ai controlli sulle persone degli amministratori , dei bilanci e delle rendicontazioni contabili, per scoraggiare e prevenire fenomeni di riciclaggio; l'inasprimento delle sanzioni amministrative pecuniarie (fino a 20mila euro e chiusura fino a 30 giorni dell'esercizio) per chi viola il divieto di gioco di minori; l'inasprimento delle sanzioni in funzione antiriciclaggio previste dal decreto 231 per chi gestisce attività di gioco senza autorizzazioni; la previsione di conti correnti dedicati per concorsi pronostici e scommesse; il registro scommesse e requisiti più stringenti per chi gestisce locali e attività di gioco pubblico.

TUTTI I NUMERI DI AZZARDOPOLI
76,1 miliardi di euro fatturato mercato legale del gioco nel 2011, primo posto in Europa e terzo posto nel mondo tra i paesi che giocano di più
1260 euro procapite, (neonati compresi) la spesa per i giochi
10 miliardi di euro il fatturato illegale
41 clan si spartiscono la torta del mercato illegale del gioco d'azzardo
800mila persone dipendenti da gioco d'azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio
10 le Procure della Repubblica direzioni distrettuali antimafia che nell'ultimo anno hanno effettuati indagini
22 le città dove nel 2010 sono stati effettuate indagini e operazioni delle Forze di Polizia con arresti e sequestri direttamente riferibili alla criminalità organizzata.
25mila- 50mila al giorno ricavo clan Valle-Lampada per gestione videopoker e macchinette slot-machine
400mila slotmachine in Italia, una macchinetta "mangiasoldi" ogni 150 abitanti
3.746 i videogiochi irregolari sequestrati nel 2010, alla media di 312 al mese
120.000 addetti che lavorano nel settore e muove gli affari di 5.000 aziende
Lombardia regione dove si spende di piu'
Tre volte alla settimana la media di gioco per i giocatori patologici, più di tre ore alla settimana e per una spesa ogni mese dai 600 euro in su,
5 -10% il soprapprezzo che i clan pagano i biglietti vincenti del Gratta e Vinci per riciclare soldi
294 sale e più di 50mila slot machine distribuite tra Roma e provincia.


Potete scaricare il dossier completo su Libera.it

lunedì 9 gennaio 2012

WHEN YOU'RE STRANGE

Gli anni Sessanta sono stati l’apoteosi di alcool, droghe e libertà; un periodo che rimane impresso ancora nelle menti di coloro che l’hanno vissuto, che tinge di interesse e passione le idee di chiunque si rispecchi in quel decennio; chi quegli anni gli ha sempre sentiti propri, chi c’è stato magari solo in sogno, chi è morto per essi e chi vive in essi. E poi c’era lei, la regina incontrastata, la vera dea e musa che ha soffiato poesia, passione e potere: la musica; quella vera, quella con la “M” maiuscola, che ha portato quattro semplici ragazzi nell’Olimpo dei più grandi.
È l’estate del 1965 quando due studenti di cinema appena ventenni si ritrovano, quasi per caso, a discutere di poesia, di libertà e quindi di musica; sono Jim Morrison e Ray Manzarek che da lì a poco, insieme a Robby Krieger e John Densmore, formeranno “The Doors”, scrivendo una tra le pagine di storia più importanti nel grande libro della musica.
A 40 anni dalla scomparsa del “Re Lucertola”, il regista Tom Dicillo regala ai fans dei The Doors novanta minuti di ricordi, scene e filmati riguardanti gli inizi della carriera musicale della band, dai primi concerti al ‘Whisky A Go Go’ fino all’enorme successo dei loro “immorali ed istrionici” tour in giro per gli States. Ovviamente buona parte del lavoro di Dicillo si sofferma sulla figura di Morrison, sui suoi eccessi e follie, ma anche e soprattutto sul Morrison poeta; un Morrison dall’animo profondo, dalla mente pura e dal profilo dionisiaco.
Il documentario del regista è poi corredato dal libro “I giorni del caos” di John Delmonico, un vero e proprio dossier dell’FBI su Jim Morrison; un attento studio sul “Re Lucertola” e sui suoi eccessi mal visti dalle autorità americane di quegli anni le quali tentarono di arginare un fenomeno che, appena esploso aveva già contaminato i cuori di milioni di giovani.

di Emiliano Sportelli