L'[A]lter è un contenitore senza coperchio. Una finestra sull'underground e sulle controculture.
sabato 10 dicembre 2011
ABBIAMO UN PROBLEMA - AGENDER QUEER FESTIVAL
9 dicembre: prima giornata di AGENDER – Festival di cinema e arti future Queer (Nuovo Cinema L'Aquila, Roma)
Abbiamo seguito il documentario 'Abbiamo un problema' (la costruzione del nemico omosessuale) di CaneCapovolto, 2011, 72'
‘Abbiamo un problema’ è un documentario strutturato artisticamente attraverso un collage di foto, stralci di film, video e immagini di repertorio, unite a interviste in parte vere, in parte costruite.
Girato tra le strade, le piazze e le spiagge di Catania, gli intervistati vengono invitati a impersonare il loro stesso “nemico” rispondendo a domande che portano a riflettere sull’omosessualità, a sviscerare possibili spiegazioni logiche e a smascherare luoghi comuni che contribuiscono al dilagare della paura del diverso, in questo caso dell’omofobia.
Gli autori non si prefissano una tesi da dimostrare, fanno parlare le persone nel modo più spontaneo possibile. Ne viene fuori una ricerca socio-antropologica che piacerebbe al Pasolini dei ‘Comizi d’Amore’. Ne viene fuori un documentario piacevole, attraversato interamente da una sottigliezza ironica che fa sorridere il pubblico per tutto la proiezione.
CaneCapovolto riesce, così, ad affrontare un tema problematico con uno stile leggero e con un linguaggio da arte visuale che fa del cut-up dei frammenti audio-visivi un riuscitissimo strumento di comunicazione. Ed è quest’aspetto più tecnico a impreziosire il lavoro che, al di là dei contenuti delle interviste, sembra possa vivere autonomamente come opera visuale e sonora a sé stante.
Il collettivo nasce a Catania nel 1992 e volge la sua ricerca sperimentale verso il trattamento dell’immagine e del suono, “sabotando” il materiale di partenza al fine di ottenere sul pubblico un effetto spiazzante. E un effetto spiazzante viene conseguito per via di “quella foto” mostrata a tutti gli intervistati, che ne parlano confusamente, alcuni compiaciuti, altri irritati, ognuno dando una propria interpretazione, senza capire chiaramente di cosa si tratta. E un effetto spiazzante lo ha anche sul pubblico in sala, che continua in post-visione a rovistare tra i frame del film alla curiosa ricerca del ricordo di “quella foto” che è stata montata all’inizio (così mi suggerisce una spettatrice mentre si alza dalla poltrona) e che - ahimé! – io non sono proprio riuscita a far riaffiorare.
Lina Rignanese
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