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Parte proprio da quest’ultimo concetto il documentario “Super Size Me” dell’eroico Morgan Spurlock, un film maker statunitense indipendente, che per trenta giorni decide di diventare una cavia umana: per un mese tutta la sua dieta sarà incentrata sulla McDonald’s; colazione, pranzo e cena seduto nel più noto fast-food del mondo con l’obiettivo di svelare gli effetti della malnutrizione, cercando inoltre di capire perché gli Stati Uniti siano una tra le Nazioni con il più alto numero di obesi.
Nel corso del suo tour de force, Spurlock fu controllato da tre medici, tutti gli avevano assicurato di godere di ottima salute, nessun problema fisico o mentale; il suo peso era proporzionato alla sua altezza: 84 kg per 188 cm di altezza. Dopo i suoi “trenta giorni McDonald’s” Morgan era arrivato a pesare 95 kg, incrementando la sua massa corporea del 13%, ma non solo; il regista aveva infatti notato repentini sbalzi d’umore, un grave affaticamento fisico oltre a disfunzioni sessuali certificate dalla sua ragazza. Sono dati che lasciano senza parole e che dovrebbero far riflettere, eppure negli USA mangiare nei fast-food è pratica comune; oggi l’obesità, dopo il fumo, rappresenta la seconda causa di morte in America, ma nonostante questo ogni giorno un americano su quattro va a mangiare in un fast-food. Ma perché? Forse uno dei motivi deriva dal fatto che la catena McDonald’s copre il 43% del mercato dei fast-food, ed è ovunque: si può trovare una grande “M gialla” nelle stazioni, aeroporti, supermercati, centri commerciali, stazioni di servizio, aree di sosta e addirittura negli ospedali, così se ti senti male dopo aver mangiato il tuo “MacPanino”e bevuto la tua Coca da due litri sei già sul posto.
Con il suo documentario di denuncia, Spurlock riesce a mettere luce sulla politica delle multinazionali dei fast-food le quali, creando menù sempre più grandi (i famosi Super size) riescono nell’obiettivo di assuefare i propri clienti; già perché dopo tutti quei giorni passati tra McToast, Mcmuffin etc… il nostro Morgan quasi non riesce più a farne a meno; nonostante il suo fisico fosse ormai al limite, nella sua mente c’era ancora spazio per un bel menù firmato McDonald’s.
Tutti quanti conoscono i pericoli derivanti da una cattiva alimentazione, ma le abili strategie di marketing di queste multinazionali riescono a mascherarle alla perfezione, anzi fanno di più; in modo subdolo riescono addirittura ad “assuefare” i consumatori, inducendoli a spendere, mangiare e quindi star male. Significativa è a questo proposito una frase coniata proprio da Roy Kroc fondatore di McDonald’s: «Curatevi del cliente e gli affari si cureranno da soli». Un discorso questo molto simile al fumo, con la differenza che tutti ci sentiamo in dovere di consigliare ad un fumatore di smettere di accendere l’ennesima sigaretta, ma nessuno mai si azzarda di dire ad un obeso di controllare la sua dieta ed evitare di mangiare cibi poco sani.
Girato nel 2004, “Super Size Me” diventa non solo un documentario di denuncia contro la malnutrizione e le subdole strategia di vendita delle multinazionali, ma si trasforma anche in un “manifesto” da vedere e rivedere con l’intento di far svegliare le menti assuefatte di chi purtroppo frequenta ancora i fast-food.
Emiliano Sportelli
Madò... ho scoperto per puro caso che sei un giornalista!! ti rendi conto?? ahahah Sportè!! che cosa mi racconti?? comunque interessante il tuo blog, le recensioni sui film mi piacciono molto! :D un abbraccio dagli USA!!
RispondiEliminaStefano S.