di Emiliano Sportelli
Il genere fantasy ha da sempre rivestito un fascino particolare che lo metteva in una posizione privilegiata rispetto a tutti gli altri generi cinematografici, non solo perché faceva presa su un pubblico molto variegato, ma anche per il fatto di poter portare su pellicola un’innaturale corso degli eventi, senza preoccuparsi troppo di incongruenze dettate dalla ragione. Ovviamente si deve, però, fare i conti con l’altra faccia della medaglia; i film fantasy hanno il loro impatto sul pubblico solo se c’è dietro un buon lavoro di effetti speciali e se la storia vale davvero; di certo non ci si può accontentare di una buona recitazione, o di un cast di attori di primo livello.
A mio parere Peter Jackson con la trilogia de “Il Signore degli anelli” è riuscito a mostrarci la parte migliore di questo genere, fondendo insieme una storia di alto spessore (basata sul romanzo di J.R.R. Tolkien, se pur con qualche adattamento rispetto al libro), un’ottima recitazione con attori di primo rango, su tutti spicca sicuramente Viggo Mortensen, che interpreta un triste e tenebroso Aragorn, ed infine una scenografia mai banale e molto elaborata nei dettagli.
È forse il regista stesso il “principale protagonista” del film e questo per varie ragioni: innanzitutto l’opera di Jackson rispecchia la penna di Tolkien in quasi tutti i suoi aspetti (in concreto è impossibile riprodurre fedelmente un film che sia stato tratto da un libro) e questo – a mio avviso – è già un lavoro da sottolineare, soprattutto per tutti coloro che hanno amato il libro forse più dello stesso film; tutta la Terra di Mezzo è stata trasportata con grande cura e parsimonia su pellicola: le colline leggere e rilassanti della Contea, le oscure miniere di Moria, la crudeltà che fa da sovrana nella torre di Saruman, tutto questo ed altro ancora si offre all’occhio dello spettatore che di sicuro vedrà sullo schermo tutto ciò che ha incontrato fin ora solo in sogno.
L’attenzione da parte di Jackson ai particolari la si coglie nella pretesa di far imparare agli “attori elfici” il loro stesso idioma inventato da Tolkien e grazie al regista fatto conoscere anche all’intero pubblico. La scelta azzeccata del cast è stata un’altra scommessa vinta dal regista neozelandese; oltre al già citato Mortensen, uno spavaldo e allo stesso tempo eccentrico Bilbo sembra proprio essere stato modellato sulla pelle dell’insuperabile Ian Holm, uno scaltro ed ironico Gandalf (Ian McKellenil) il mago/pellegrino con la passione per l’erba pipa ed il giovane Eljiah Wood che interpreta un insicuro ed ingenuo Frodo, il nostro hobbit che regge nelle sue mani il destino di tutta la Terra di Mezzo.
Da tutto questo si può capire come Peter Jackson abbia amato il libro, rendendo così il suo film non solo un lavoro da ricordare, ma grazie ad esso è riuscito a far avvicinare a Tolkien tutti coloro che hanno anticipato la visione del film alla lettura dei suoi libri.
La saga de “Il Signore degli Anelli” è uscita in Italia tra il 2001 e il 2003 ed è composta da “La compagnia dell’Anello”, “Le due Torri” ed “Il ritorno del Re”; un film per tutti, nessuno escluso; un fantasy che ci fa immedesimare in Frodo e nel suo disperato viaggio che lo condurrà verso la distruzione dell’Anello.
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