giovedì 20 ottobre 2011

I CANTI DEL CAOS vol.I

Ho appena terminato la lettura della prima parte di un libro dalle pretese epocali. Parlo dei 'Canti del Caos' di Antonio Moresco. Dico epocale non solo per la mole e per la travagliata fase editoriale (la prima parte è stata pubblicata nel 2001 da Feltrinelli, che ha rifiutato la seconda, uscita, invece, nel 2003 con Rizzoli, il quale, a sua volta, non ha voluto mettere la firma per la terza. Alla fine Mondadori ha pubblicato i tre volumi nel 2009 in un tomo di oltre mille pagine), ma anche per quella che potrebbe essere considerata come una contemporanea discesa negli inferi.
Inferi abitati da personaggi surreali e caratterizzati da situazioni assurde, iper-reali, orrende, violente, oscene, raccapricianti e al tempo stesso grottesche. In mezzo a tutto questo buio spiccano isole di luce: la dolcezza, la poesia, l'amore, la speranza, la forza di lottare contro tutti i mostri pur di salvare la vittima sacrificale danno energia e forza vitale che carburizza l'incedere (sia narrato che letto).
Moresco non indaga nei profili psicologici dei personaggi, non ci sono riflessioni, cadute o risalite coscienti o incoscienti, no. I personaggi agiscono, vivono, forti di una scrittura descrittiva e di un linguaggio semplice, così musicale e incandescente da suonare come un riff di chitarra rock-blues.
L'effetto derivante è quello di tenere coloro che si avvicinano all'opera totalmente attaccato al foglio. Ed è forse proprio il lettore a completare con la sua psicologia la scrittura e a dare un'anima ai personaggi.
Sembra quasi che anche chi legge abbia il suo ruolo in questo romanzo meta-letterario (aspetto che si percepisce dopo non durante la lettura), dove la dimensione del narrato s'intreccia con la dimensione dello scrittore/Matto (degli scrittori) e dell'editore/Gatto, protagonisti della storia.
Di cosa parla il romanzo? Difficile dirlo. Parla di uno scrittore e del suo editore, di una Musa, di Pompina e Ditalina, della donna che urla, dell'Inseminatore, dei trampolieri e dei rollers, dell'art e del copy, della ragazza con l'assorbente e di quella con l'acne, di Meringa, del laringectomizzato, dell'agenzia pubblicitaria, dell'account, di marketing estremo, di pornografia estrema, di depravazione, di gente che va in giro di notte (oltre la notte), di spazi dilatati e di tempi ristretti o al contrario di spazi costretti e di tempi frazionati, d'inseguimenti intercontinentali, di sangue, sperma, merda e di quant'altro possa generare caos o generarsi dal caos.
Un romanzo epocale, dicevo più sopra, ebbene sì, se così non fosse non sarei arrivata alla quattrocentesima pagina sentendo un bisogno fisico di tornare a casa e mettermi a leggerlo. Un romanzo epocale, perché se così non fosse avrei dato alle fiamme il libro, dopo averlo percosso violentemente, in seguito alle prime cento pagine. Un romanzo epocale, perché dopo averlo letto non guardi più le cose notturne nella stessa maniera. Un romanzo epocale perché mi ha indotto alla pornofobia, nel senso di provare una fisica repulsione del porno come economia. Direi quasi un'induzione al vomito.

(Inframmezzerò altre letture prima della seconda parte... è una questione di sopravvivenza...)

Lina Rignanese



Qui sotto un'intervista in due parti che Daria Bignardi fa ad Antonio Moresco nella trasmissione 'Era glaciale':




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