mercoledì 15 dicembre 2010

La morte di Bunny Munro

di Emiliano Sportelli


















Mi sono sempre chiesto cosa potesse significare vivere per strada; lasciarsi tutto dietro e partire senza dare molta importanza alla meta finale, senza pensieri. Abbandonare il passato e vivere giorno per giorno, solo uno zaino appresso pieno di tutto e niente, la mente di libera da ogni cosa e pronta per essere così riempita da tutte le avventure che attendono in ogni stazione di servizio, in ogni motel e in ogni bar dove la bottiglia diventava una nostra fedele amica. Quando ho letto il libro “Sulla strada” di Jack Kerouac, tutti i miei dubbi riguardanti il vivere in strada che, fino a quel momento mi avevano tenuto sveglio la notte, sono stati prontamente dissipati.
La lettura de “La morte di Bunny Munro” di Nick Cave mi ha aperto altri spiragli riguardanti la vita “on the road”. Partire per riuscire, in maniera quasi inconsapevole, a trovare sé stessi; un viaggio che sa tanto di pentimento, quasi un abbandono di tutto ciò che si possiede per cercare di ricominciare nuovamente a vivere, senza farsi troppe illusioni, senza aspettarsi la via spianata di facili conquiste. Andare incontro alla nostra morte e capire che fino ad allora non si era davvero vissuti, che da lì in avanti si poteva rinascere, cancellare gli errori fatti e respirare di nuovo.
Bunny Munro è un commesso viaggiatore, vende prodotti di bellezza casa per casa, vende piccoli sogni per casalinghe sole. Dopo il suicidio della moglie cade nel baratro della disperazione, non riesce a rialzarsi; la bottiglia di whisky in mano e il pacchetto di sigarette Lambert & Butler in tasca sono i suoi unici amici. Solitudine e disperazione circondano il nostro protagonista, sentimenti questi che deve però condividere con qualcun altro, suo figlio Bunny Junior ragazzino di soli nove anni che si divora la sua enciclopedia, infatti, lo accompagnerà nel suo lavoro/viaggio. Attento e silenzioso osservatore dal finestrino della Punto del padre, il piccolo comincerà a conoscere i lati oscuri di Bunny come la sua passione per le donne e per il bere; ogni tanto viaggerà con la sua mente per riuscire ad incontrare sua madre e poter così sognare una vita normale.
Ed infatti a partire da un certo punto in avanti il rapporto padre/figlio prende piede nel romanzo di Cave e non abbandonerà più le sue righe; rapporto questo che sarà enfatizzato anche dall’apparizione sulla scena di Bunny Senior, il papà del nostro Bunny affetto da cancro ai polmoni ed ormai agli sgoccioli della sua vita.
Commesso viaggiatore in cerca di sé, donnaiolo, uomo morto in macchina, padre e figlio allo stesso tempo; sono questi i lavori che Bunny Munro svolge tutti i giorni. Il suo viaggio, che sa molto di pentimento, si erge in tutto il libro; viaggio che inevitabilmente lo metterà di fronte al suo vero io e all’uomo che è diventato. Vagabondare che gli farà fare i conti con suo figlio, con suo padre, con gli spettri di una vita vissuta male.
Con questa storia Nick Cave ci disegna il ritratto di un uomo particolare, un uomo forse mai esistito, ma che, nel bene o nel male, vive in ognuno di noi; un uomo con il quale prima o poi fai i conti, magari seduto al bancone del bar o meglio ancora sul sedile di un’auto con lo stero acceso che trasmette un pezzo dei The Bad Seeds.

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