martedì 20 marzo 2012

NERONE E' MORTO?

Sbirciando tra montagne di libri usati in uno dei tanti mercatini dell'usato della capitale, mi sono imbattuta in un libercolo alquanto curioso: disegni eseguiti in piena libertà di stile con un minimalismo stilizzato quasi fanciullesco e uno scritto disordinato e sgrammaticato che serpeggiava tra le immagini.
Il libercolo è l'"Informazione Teatrale #3" (Antëditore), fanzine nata nel 1972 su cui venivano pubblicati copioni di opere teatrali.
Pubblico qui sotto l'intro che precede il copione del dramma storico 'Nerone è morto?', scritto dal drammaturgo ungherese Miklos Hubay.

Teatro Stabile di Torino – INFORMAZIONE TEATRALE #3 (Antëditore)
Intro a ‘Nerone è morto?’ Di Miklos Hubay

Per non dormire. Osare. Non lasciar perdere le montagne. Ci sono vette anche senza aria fresca senza cervello. Importante è scoprire un giù per andare in su e riempire della scoperta il cervello vuoto della gente che non va né in su né in giù. Essere divi folli – folli divi – divi riconosciuti. La costruzione il fregio un ordine inutile – usabile malinconia ninfa gentil!
Il passo ed il trapasso il punto fermo e l’atto storico. Avere personalità che conquista. Conquistare. Studiare il gesto come la linea slanciata del calligrafo sulla carta. Creare il desiderio provocando curiosità, immaginarsi l’effetto, la conseguenza. Non essere mai colti di sorpresa ma impegnarsi a farlo credere. Animare oggetti da poco: carte, spille, piccoli anelli, fazzoletti del proprio essere. Creare-uno-spazio-dove immaginarie distanze creino irraggiungibilità invidiosa proprio dove tutto è alla portata di mano. Disporre i propri idolatori secondo precise regole di stupidaggine sensibile, farli giurare di non riferire le vere maldicenze e calunnie di cui-li-si fa inconsapevolmente partecipi e soprattutto farli furiosamente istericamente violentemente pazzamente litigare. Essere creatori di tronfiezza, modellare le parole sullo stile oratorio capovolgere il senso dell’umile e del sobrio per padroneggiare i contenuti di una ipocrisia stilistica assolutamente convincente; leggeri come gli indifferenti, incontinenti come i golosi pronti al vomito per compiangersi. Usare gli specchi e la gente con progressiva bramosia, convincersi istericamente di averne bisogno. Compiacersi delle sconfitte in quanto naturali generatrici di vittorie, sentirsi pianta madre, quercia e non pioppo, noce e non salice concedere benignamente ai parassiti vita stentata.
Terrorizzare dopo aver sedotto parlare spesso della propria morte con enfasi e con calcolato sadismo di quella degli altri. Conoscere fin dove l’imprevedibilità del limite misterioso condiziona la prevedibilità dei limiti fissati dall’uomo. Vincere sempre i propri nemici e in caso di sconfitta, scappare, scappare. Coltivare l’arte della fuga come si era coltivata l’arte della vita e della guerra.

Per approfondire su Miklos Hubay:
http://www.vivibudapest.com/portal/2011/05/in-ricordo-di-miklos-hubay/ http://www.unisi.it/semicerchio/upload/il_tragico_contemporaneo.htm

 LR

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