giovedì 27 ottobre 2011

L'ALBA DEL PIANETA DELLE SCIMMIE

Negli anni Sessanta il regista Franklin J. Schaffner ci aveva presentato un film quasi di “serie B”, ma destinato col tempo a diventare un classico del genere fantascientifico; parliamo de “Il Pianeta delle scimmie” interpretato con grande cura da un roccioso e scolpito Charlton Heston. Dopo una miriade di seguiti, nel 2001, il visionario Tim Burton ci ha regalato un remake del primo di film di Schaffner, un lavoro quasi insolito per il regista di “Edward mani di forbice”, ma comunque da apprezzare per i costumi e le scenografie. Oggi, invece, il regista Rupert Wyatt (in pratica al suo primo lavoro) ci fa scoprire come tutto ebbe inizio, come le scimmie presero il sopravvento sugli uomini, come la fine dell’umanità rappresentò l’inizio per il mondo dei primati.
La trama del film è pressoché scontata: un gruppo di scienziati, attraverso esperimenti genetici sulle scimmie, sta cercando di trovare una cura per combattere il morbo di Alzheimer. Gli esperimenti sembrano dare risultati soddisfacenti, ma qualcosa non torna: sulle scimmie, infatti, si riversano degli effetti collaterali che portano i primati ad un aumento dell’intelligenza. Pian piano questo nuovo potere delle scimmie (come spesso accade) si ritorcerà contro l’uomo stesso, portando ad un caos generale incontrollabile.
I temi trattati nella pellicola di Wyatt sono diversi e tutti di un certo interesse. In primo luogo, sicuramente, c’è da segnalare il tentativo e la solita voglia dell’essere umano di somigliare a Dio cercando di essere più grande di Lui; in questo caso la smania di potere da parte dello scienziato Will Rodman (James Franco) tradotta nella volontà di curare il padre, rappresenterà l’inizio di una catastrofe che nessuno riuscirà più a controllare. Personaggio chiave del film è sicuramente Caesare, la “scimmia domestica” (se così la si può chiamare) di Rodman che scoprirà da sola qual è il suo vero posto ed il suo vero popolo. Caesare scoprirà, grazie al suo “padre umano” il significato delle parole amore ed amicizia, che lo porterà ad esplorare confini mentali mai conosciuti, tanto da non sapere più chi davvero esso sia. Ma purtroppo Caesare comincerà ad assaporare anche il significato di parole quali tradimento e rancore, portando il suo gruppo di scimmie, delle quali ormai è diventato il leader, ad una ribellione e ad una presa di coscienza del loro vero essere.
Un film dunque che offre molti spunti di riflessione; un finale forse un po’ scontato, ma mascherato da un’ottima fotografia ed una sceneggiatura sempre in crescendo senza momenti morti né dialoghi superflui.

Emiliano Sportelli

ARRIETTY

Lo Studio Ghibli non smette mai di stupire; dopo capolavori d’animazione come “Il mio vicino Totoro” e “La principessa Mononoke”, ecco un’ennesima prova di forza dello studio cinematografico giapponese il quale prende per mano la vera animazione con il delicato “Arrietty”.
Dopo essersi trasferito nella sua casa di campagna, Sho, un giovane sofferente di cuore, scopre quasi per caso l’esistenza di una piccola creatura, alta poco più di un pollice che, ormai da tempo, vive con la sua famiglia proprio sotto il pavimento della sua casa. È la piccola Arrietty, una quattordicenne “rubacchiotta” che insieme ai suoi genitori, compie dei piccoli furti nel mondo degli umani con il solo obbiettivo di riuscire a sopravvivere. Tra Sho e Arrietty, due protagonisti di due mondi così vicini, ma anche tanto lontani nascerà una dolce e tenera amicizia che attraverserà i confini della loro diversità fisica.
Basato sul racconto di Mary Norton dal titolo “The Borrowers”, Arrietty diventa adesso un lungometraggio scritto dalla vera mente dello Studio Ghibli Hayao Miyazaki ed affidato alla regia di Hirosama Yonebayashi (film d’esordio del regista giapponese, ma già assiduo collaboratore dello Studio Ghibli).
Un lavoro da sottolineare per alcuni temi senza dubbio profondi: la contrapposizione tra il mondo degli umani e quello dei “rubacchiotti” è sicuramente il nodo centrale; il primo padrone di tutto e tutti, il secondo costretto, per sua stessa natura e per spirito di sopravvivenza, ad approfittare dell’oscurità concessa dalla notte per rubare piccoli “tesori” necessari al proprio sostentamento. Potremmo quasi dire che il tema del possesso tra chi ha tutto (l’uomo) e chi non può avere niente (i rubacchiotti) sia il perno intorno al quale ruota tutto il film di Yonebayashi.
La pellicola inoltre “rapisce” non solo per la poesia delle immagini che da sempre ne hanno fatto un marchio di fabbrica della casa cinematografica nipponica, ma anche per una storia dai tratti fiabeschi che riporta lo spettatore indietro di parecchi anni, quando tutto sembrava più facile, spensierato e magico; quando l’essere bambini ci rendeva capaci di qualsiasi cosa. Non è certo un caso che in Arrietty, sia proprio un bambino di soli dodici anni il primo essere umano ad instaurare un rapporto di amicizia con una minuscola creatura anche lei appena quattordicenne.

Emiliano Sportelli

lunedì 24 ottobre 2011

MALEDETTA PRIMAVERA (2011)

Documentario di Fulvio Grimaldi (scrittore e giornalista internazionale) che parla di ‘arabi tra rivoluzioni, controrivoluzioni e guerre NATO’. A pochi giorni dal ritrovamento e dall’uccisione (20 ottobre) del leader libico Muammar Gheddafi e a poche ore dalla chiusura dei seggi per le prime elezioni democratiche in Tunisia (23 ottobre), la visione di questo video fa emergere dubbi pesanti sulla strategia NATO adottata in Libia e sul totale asservimento dei media occidentali alla “versione ufficiale”.
Cosa hanno in comune e di diverso le “primavere” di Tunisia, Egitto, Yemen, Bahrain, le guerriglie irachene da un lato e dall’altro le rivolte in Libia e in Siria? Qual è la mossa geopolitica che si cela dietro l’intervento NATO in Libia? Chi sono i ribelli e chi i lealisti? Esistono davvero le fosse comuni, i lager per migranti, le armi chimiche, sono davvero avvenuti gli stupri di massa tanto strombazzati dai media? Cosa aveva fatto il capo della “rivoluzione verde” per meritarsi i bombardamenti dell’alleanza atlantica?
L’autore espone la sua tesi del complotto ai danni di Gheddafi e (del leader siriano Bashar al-Assad) adducendo filmati, testimonianze di civili, medici, operatori delle ONG, di studenti libici tornati nel proprio Paese per difenderlo dai nemici colonizzatori, una’intervista esclusiva realizzata con Tiziana Giamanossia a Nasser Adi Saher Atagag, reclutato a Misurata dai ribelli e catturato dalle forze lealiste il 18/03/2011.
Viene fuori uno spaccato della “primavera araba” smaliziato, senza illusioni, privo di retorica e soprattutto un racconto dell'intervento NATO che ha messo da parte i super poteri da "bombardiamo per difendere la popolazione civile contro un feroce dittatore". Lo spettro di un altro Iraq, di un’altra Afghanistan, di un’altra Serbia è lampante. Questo è un documentario che parla stando accanto alla popolazione civile, sotto i bombardamenti, che pone quesiti e prova a dare delle risposte. Da vedere assolutamente!

Per acquistare e organizzare proiezioni del video si veda il blog http://fulviogrimaldi.blogspot.com/

Lina Rignanese


MALEDETTA PRIMAVERA DI FULVIO GRIMALDI (ARAB REVOLUTIONS 2011) from Armando Bassi on Vimeo.

giovedì 20 ottobre 2011

I CANTI DEL CAOS vol.I

Ho appena terminato la lettura della prima parte di un libro dalle pretese epocali. Parlo dei 'Canti del Caos' di Antonio Moresco. Dico epocale non solo per la mole e per la travagliata fase editoriale (la prima parte è stata pubblicata nel 2001 da Feltrinelli, che ha rifiutato la seconda, uscita, invece, nel 2003 con Rizzoli, il quale, a sua volta, non ha voluto mettere la firma per la terza. Alla fine Mondadori ha pubblicato i tre volumi nel 2009 in un tomo di oltre mille pagine), ma anche per quella che potrebbe essere considerata come una contemporanea discesa negli inferi.
Inferi abitati da personaggi surreali e caratterizzati da situazioni assurde, iper-reali, orrende, violente, oscene, raccapricianti e al tempo stesso grottesche. In mezzo a tutto questo buio spiccano isole di luce: la dolcezza, la poesia, l'amore, la speranza, la forza di lottare contro tutti i mostri pur di salvare la vittima sacrificale danno energia e forza vitale che carburizza l'incedere (sia narrato che letto).
Moresco non indaga nei profili psicologici dei personaggi, non ci sono riflessioni, cadute o risalite coscienti o incoscienti, no. I personaggi agiscono, vivono, forti di una scrittura descrittiva e di un linguaggio semplice, così musicale e incandescente da suonare come un riff di chitarra rock-blues.
L'effetto derivante è quello di tenere coloro che si avvicinano all'opera totalmente attaccato al foglio. Ed è forse proprio il lettore a completare con la sua psicologia la scrittura e a dare un'anima ai personaggi.
Sembra quasi che anche chi legge abbia il suo ruolo in questo romanzo meta-letterario (aspetto che si percepisce dopo non durante la lettura), dove la dimensione del narrato s'intreccia con la dimensione dello scrittore/Matto (degli scrittori) e dell'editore/Gatto, protagonisti della storia.
Di cosa parla il romanzo? Difficile dirlo. Parla di uno scrittore e del suo editore, di una Musa, di Pompina e Ditalina, della donna che urla, dell'Inseminatore, dei trampolieri e dei rollers, dell'art e del copy, della ragazza con l'assorbente e di quella con l'acne, di Meringa, del laringectomizzato, dell'agenzia pubblicitaria, dell'account, di marketing estremo, di pornografia estrema, di depravazione, di gente che va in giro di notte (oltre la notte), di spazi dilatati e di tempi ristretti o al contrario di spazi costretti e di tempi frazionati, d'inseguimenti intercontinentali, di sangue, sperma, merda e di quant'altro possa generare caos o generarsi dal caos.
Un romanzo epocale, dicevo più sopra, ebbene sì, se così non fosse non sarei arrivata alla quattrocentesima pagina sentendo un bisogno fisico di tornare a casa e mettermi a leggerlo. Un romanzo epocale, perché se così non fosse avrei dato alle fiamme il libro, dopo averlo percosso violentemente, in seguito alle prime cento pagine. Un romanzo epocale, perché dopo averlo letto non guardi più le cose notturne nella stessa maniera. Un romanzo epocale perché mi ha indotto alla pornofobia, nel senso di provare una fisica repulsione del porno come economia. Direi quasi un'induzione al vomito.

(Inframmezzerò altre letture prima della seconda parte... è una questione di sopravvivenza...)

Lina Rignanese



Qui sotto un'intervista in due parti che Daria Bignardi fa ad Antonio Moresco nella trasmissione 'Era glaciale':




domenica 16 ottobre 2011

FIGLI DI UNO STESSO SESSO

In Italia ci cono circa 100.000 bambini figli di genitori omosessuali. Secondo una ricerca del 2005, condotta da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni hanno almeno un figlio.
Silvia Manzani (giornalista ed educatrice dell’infanzia) nel suo libro ‘Figli di uno stesso sesso – Abbattere le barriere educative nei confronti delle famiglie omogenitoriali’ (Fernandel ed.) prova a entrare nel mondo di queste nuove famiglie.

Come crescono i bambini con padri gay o mamme lesbiche? Come vivono la loro diversità nei servizi per l’infanzia? E soprattutto come devono porsi gli adulti di fronte a loro e ai loro genitori?

Nonostante gli unici studi scientifici pubblicati dimostrino come la capacità genitoriale non sia legata all’orientamento sessuale (American Psychological Association, 2004), né che l’identità del bambino, l’emotività, la salute psichica, lo sviluppo morale e fisico, la sua capacità interattiva con il mondo esterno siano influenzabili dal fattore sessuale della coppia (American Civil Liberties Union, 2006). Dunque, dinanzi all’assenza di fondamenti scientifici, i critici mettono in campo illazioni basate su pregiudizi sociali. Ad esempio, la difesa a spada tratta del diritto ‘naturale’ detenuto dalla sola famiglia classica, con i ruoli fissi e immutabili di ‘madre’ e del ‘padre’, tiene conto più della forma che non del contenuto. L’autrice afferma in un’intervista: “Ogni bambino nasce in modo naturale, poi chi lo cresce, chi lo educa è un altro discorso. Inoltre, se c’è una buona relazione, se c’è una crescita lineare e c’è l’amore un bambino cresce benissimo”.

I detrattori si accaniscono, inoltre nel rendere impossibili in Italia i due iter indispensabili a procreare per una coppia omosessuale: la fecondazione assistita per le lesbiche e la madre-surrogato per una coppia gay, oppure l’adozione. Quest’ultima appare la strada più complicata. In Italia, nonostante la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia sancito nel Gennaio 2008 che anche gli omosessuali hanno diritto ad adottare un bambino, la legislazione è ferma alla legge n.184 del 1983 che prevede l’adozione solo per coppie sposate da almeno tre anni. Evidentemente in assenza del riconoscimento dei matrimoni omosessuali anche l’adozione appare lontana dall’attuazione. L’unico modo per adottare sarebbe quello di trasferirsi all’estero. E sempre fuori dal nostro Paese si deve rivolgere una coppia lesbica o gay per intraprendere l’iter di procreazione all’interno di cliniche private specializzate. Il tutto naturalmente con un dispendio di tempo e denaro che rivelano un privilegio di classe.

Quali sono le difficoltà che un bambino figlio di genitori dello stesso sesso deve affrontare per essere accettato a scuola o nella società?

L’ostacolo più grosso è rappresentato dagli stereotipi e dai pregiudizi di una società, quella italiana, piuttosto chiusa e poco recettiva dinanzi alle evoluzioni sociali.
Si legge in quarta di copertina del libro: “Siamo sicuri che celebrare la festa della mamma o del papà in un nido d’infanzia sia una scelta azzeccata?” La realtà presenta modelli familiari che vanno ben oltre quello classico: nella società esistono da tempo famiglie formate da due papà o da due mamme, esistono anche quelle di mamme che crescono da sole il loro figlio oppure di genitori adottivi. Da questa varietà di famiglie, l’uso del plurale diventa rigoroso e necessario in termini lessicali e pedagogici.


La scienza pedagogica tuttora non si è ancora posta delle domande e quindi dato delle risposte sulla questione. Molte educatrici, assistenti sociali, insegnanti devono improvvisare metodologicamente. Ad esempio, nel libro Silvia Manzani ha intervistato due educatrici di Casalecchio di Reno (BO). Loro hanno inventato la “festa delle famiglie” al posto della festa della mamma o del papà. Un altro metodo che viene fuori dalla ricerca è quello di usare testi, libri dove non ci sia la solita famiglia mamma-papà, ma dove vengano presentati anche altri diversi tipi di famiglie.

Due buoni metodi per far entrare questa e altre diversità nella testa dei bambini e quindi delle future generazioni. Una rivoluzione culturale, dunque, che partirebbe dal basso e dai bambini e ci proietterebbe in una dimensione sociale più etica e civile.

Rimanendo in ambito di coscienza civile e sociale, in molti Paesi europei la situazione è ben più avanzata. A me ha molto sorpreso la naturalezza con cui in Olanda (uno dei Paesi europei più gay friendly e più civili) nell’edizione 2007 del ‘Kinderen voor Kinderen’ (il corrispondente olandese del nostro Zecchino d’Oro) un bambino, figlio adottivo di una coppia gay, ha presentato una canzone in cui esprimeva il suo orgoglio nell’avere due padri che gli vogliono bene. Tanto per fare una comparazione con il nostro Paese, quello stesso anno il festival canoro nostrano è stato vinto da un brano, a mio dire, sempliciotto e iper-buonista-disneyano dal titolo ‘Ma che mondo l’acquario’. Come dire a ognuno il futuro che gli spetta.




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FAMIGLIE ARCOBALENO: ASSOCIAZIONE GENITORI OMOSESSUALI

L’Associazione nasce nel 2005 e s’impegna a tenere alto il dibattito politico e sociale per quel che concerne la normativa a tutela dei diritti dei figli delle coppie omosessuali. Nel 2008 ha presentato una proposta di legge sull’assunzione di responsabilità genitoriale (art. 290-bis Titolo VII del Codice Civile) per la tutela dei figli delle coppie omogenitoriali e in particolare dei diritti e doveri del co-genitore, ad esempio in caso di morte prematura del genitore legale.

L’associazione è presente in tutta Italia e offre servizi di supporto psico-giuridico e didattico per famiglie ed educatori scolastici, oltre alla promozione di attività culturali e di spazi d’incontro per famiglie e bambini.


Qui il testo della Proposta di legge n.1206:
http://parlamento.openpolis.it/atto/documento/id/3039


Questo invece il Disegno di legge n.2263 sulla Riforma del Diritto di famiglia:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=00514827&part=doc_dc&parse=no


Lina Rignanese